Itinerari

Questa pagina contiene vari itinerari fra le bellezze artistiche di Sicilia:


Itinerario Arabo-Normanno

In occasione della dichiarazione dell’itinerario arabo-normanno come patrimonio dell’umanità UNESCO, propongo un approfondimento su tale corrente artistica; cominciando da un breve excursus storico. 
Dopo aver conquistato il Sud della penisola fino a Reggio, i Normanni volsero lo sguardo avido di conquista alla Sicilia, già occupata dagli Arabi. Il 10 gennaio 1077 Palermo era nelle loro mani; nel 1129 Ruggero II cingeva a Palermo la corona di Re e costituiva il Regno di Sicilia. Con sapiente spirito di tolleranza egli riuscì a fare di tre popolazioni differenti ed ostili, latini, greci e arabi un popolo solo.
Palermo, in quel tempo, divenne città dove il mantello arabo ed il turbante mussulmano si mescolavano alla tunica greca, al corto saio italiano e alla maglia di ferro normanna.
Questo “miracolo” di saggezza politica come fu chiamato ebbe il riflesso anche nell’arte, come testimonia la corrente artistica di quegli anni chiamata araba-normanna.
Esempio più insigne di tale visione è la Cappella Palatina:
Fu fatta costruire a partire dal 1130 per volere di re Ruggero II di Sicilia e venne consacrata il 28 aprile 1140 come chiesa privata della famiglia reale. I lavori furono completati nel 1143. Un'iscrizione trilingue (latino, greco-bizantino e arabo) sull'esterno della cappella commemora la costruzione di un horologium nel 1142.

In epoca rinascimentale, nell'anno 1472 sono documentate le prime attività lavorative di Domenico Gagini in Sicilia, opera consistente nel recupero e ripristino di Arabeschi e Intarsi, manufatti marmorei preesistenti.
Le tre navate sono separate da colonne in granito e marmo cipollino a capitelli compositi che sorreggono una struttura di archi ad ogiva. Completa la costruzione la cupola, eretta sopra le tre absidi del santuario. La cupola e il campanile originariamente erano visibili dall'esterno prima di venire inglobate nel Palazzo Reale in seguito alle costruzioni successive.
La cupola, il transetto e le absidi sono interamente decorate nella parte superiore da mosaici bizantini, tra i più importanti della Sicilia, raffiguranti il Cristo Pantocratore
benedicente, l'immagine di maggiore impatto della cappella, gli evangelisti e scene bibliche varie. Il gigantesco Cristo Pantocratore ha in mano un libro in cui sono scritti i passi del vangelo di Giovanni: "Io sono la luce del mondo, chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita.", sia in latino che in greco. I mosaici di datazione più antica sono quelli della cupola, risalenti alla costruzione originaria. I mosaici della cupola con il Cristo Pantocratore e gli angeli attorno evocano il Salmo 11,4 :" Il Signore nel tempio santo, il Signore ha il trono nei cieli".


Il soffitto in legno della navata centrale e le travature delle altre navate sono decorate con intagli e dipinti di stile arabo (muqarnas). In ogni spicchio sono presenti stelle lignee con rappresentazioni di animali, danzatori e scene di vita della corte islamica e del paradiso com'è descritto nel Corano. 

La Cattedrale di Palermo.


Altro monumento che è magnifica espressione  della corrente nata dal tentativo dei Normanni, di realizzare una propria visione artistica, utilizzando intelligenze provenienti dal mondo arabo è la Cattedrale di Palermo.

L'origine di essa si perde nei secoli, infatti la prima chiesa venne costruita nell'attuale area a poche centinaia di metri dal primitivo insediamento fenicio - punico dove adesso sorge il Palazzo dei Normanni, lo stesso luogo deputato durante il I, II e III secolo al sacrificio dei primi martiri palermitani oggetto di persecuzioni cristiane operate da Decio e Diocleziano.

Nel 476 in seguito alla cacciata dei Vandali, che avevano occupato la città nel 440, da parte di Odoacre re degli Ostrogoti, Palermo passò sotto la sfera d'influenza dell'impero romano d'oriente, viene quindi edificato un tempio in stile bizantino dedicato alla Vergine Maria Assunta, è edificato sulle rovine del precedente nel 604 del quale sono pervenute la cripta e la pianta basilicale a forma quadrata.
Con l'invasione dell'isola da parte dei Saraceni, nel lungo contesto della dominazione araba, che a Palermo spazia dall'anno 831 al 1072, la chiesa venne trasformata in luogo di culto musulmano, la grande moschea Gami, capace di contenere 7 mila fedeli.

La corte vescovile venne "invitata" ad abbandonare le sedi cittadine, trovando temporaneamente rifugio presso luoghi di culto nella vicina cittadina di Monreale. L'evento determina la costituzione della futura Arcidiocesi di Monreale.

Il ritorno alla sovranità di matrice cristiana e cattolica avvenne con l'avvento dei Normanni grazie al contributo del Gran Conte Ruggero e del fratello Roberto il Guiscardo. Per celebrare la riconquista territoriale dell'isola, la casata degli Altavilla promosse e favorì la costruzione di splendide e monumentali cattedrali normanne in tutte le località teatro delle battaglie più cruente, riservando a Palermo la costruzione più laboriosa ma, altrettanto fastosa. La moschea venne riadattata rapidamente al culto cristiano.
Sotto le dominazioni di normanni e svevi si assiste in città alla pacifica convivenza di un crogiolo di razze rappresentate dalle religioni monoteiste del mondo allora conosciuto: cristiani, musulmani e ebrei. Palermo è capitale del Sacro Romano Impero con Federico II. Per quasi due secoli le arti e l'architettura sono permeate da canoni stilistici tipici del medio oriente amalgamati con le concezioni nordiche e germaniche.

La chiesa è modificata ancora più volte, ma lo sviluppo in pianta della nuova cattedrale è oggetto sempre dei forti influssi religioso - architettonici precedenti. Ripetutamente rimaneggiata e riedificata per svariati eventi, risente anche di interventi dovuti a fenomeni sismici, soprattutto nell'alta torre campanaria slanciata dinanzi al prospetto occidentale.
L'edificio, già felice espressione di molteplici stili, subisce nel corso dei secoli vari rimaneggiamenti. Il Barocco siciliano s'innesta con arricchimenti tipici della cultura decorativa dell'epoca.

In relazione ai restauri il più poderoso e invasivo è effettuato alla fine del Settecento, quando in occasione del consolidamento strutturale si rimodella radicalmente l'interno su progetto di Ferdinando Fuga.
I lavori hanno inizio nel 1781, eseguiti non dal Fuga ma dal palermitano Carlo Chenchi con l'assistenza di Giuseppe Venanzio Marvuglia e durano fino ai primi anni del XIX secolo. Il restauro complessivo comporta un allargamento sui fianchi con la trasformazione delle cappelle laterali sulle navate laterali e le nuove cappelle costruite di sana pianta, il Portico meridionale avanzato di parecchi metri e interamente riassemblato per anastilosi a cura del capomastro Francesco Patricolo. Rimodulazione della facciata nord. Questo ed altri rifacimenti realizzati in seguito al terremoto del 1823, hanno reso la Cattedrale quello che è oggi; la più alta rappresentazione dell'arte e della storia di Palermo.

DUOMO DI MONREALE


Continuando a percorrere l'Itinerario Arabo Normanno, che ricordo a tutti appartenere al patrimonio dell'umanità UNESCO, oggi parlerò del Duomo di Monreale.

La Chiesa fu voluta nel 1174 da Guglielmo II; era detto il buono e viene ricordato come uno dei monarchi normanni che ebbe la maggiore benevolenza popolare.
Dante nella sua "Commedia" lo nomina nel XX canto del Paradiso in questi termini:
«E quel che vedi ne l'arco declivo,
Guglielmo fu, cui quella terra plora
che piagne Carlo e Federigo vivo:
ora conosce come s'innamora
lo ciel del giusto rege, e al sembiante

del suo fulgore il fa vedere ancora.»

La nascita del Duomo è avvolta dalla leggenda, secondo il mito, Guglielmo, succeduto al padre sul trono di Sicilia, si sarebbe addormentato sotto un carrubo, colto da stanchezza, mentre era a caccia nei boschi di Monreale. In sogno gli apparve la Madonna, a cui era molto devoto, che gli rivelò il segreto di una “truvatura” con queste parole: “Nel luogo dove stai dormendo è nascosto il più grande tesoro del mondo: dissotterralo e costruisci un tempio in mio onore”. Dette queste parole, la Vergine scomparve e Guglielmo, fiducioso della rivelazione in sogno, ordinò che si sradicasse il carrubo e gli si scavasse intorno. Con grande stupore venne scoperto un tesoro in monete d'oro che furono subito destinate alla costruzione del Duomo di Monreale.
I suoi contemporanei plaudono alla costruzione di una meraviglia architettonica motivata da sinceri e profondi intendimenti religiosi, attribuendone senza tema di smentita, il finanziamento agli enormi proventi e tesori raccolti da un re avarissimo e depredatore qual era stato Guglielmo il Cattivo, considerato un rapace e razziatore delle ricchezze del suo regno.
Altre considerazioni ruotano attorno le vicende circa le competizioni tra i cantieri dei grandi poli monumentali nella città di Palermo e immediate vicinanze. Guglielmo è promotore e patrocinatore dell'edificazione di tutto il complesso benedettino di Monreale, al tempo stesso come sovrano, appoggia e sostiene il vescovo Gualtiero Offamilio nella ricostruzione della cattedrale di Palermo. Per i due, le imprese costituirono vere e proprie sfide di grandezza e autocelebrazione, ognuna di esse condotta con l'obiettivo di surclassare in potenza ed eccellenza il proprio avversario.
Guglielmo il buono si concentrò più sull'abbellimento dell'aspetto interno del duomo, dotandolo di mosaico dorato, poiché lo accostava all'animo dell'essere umano, come aspetto fondamentale dell'essere piuttosto che l'aspetto esteriore. Al contrario l'arcivescovo curò maggiormente l'aspetto esterno della cattedrale di Palermo, poiché per lui la bellezza esteriore era quella che colpiva di più l'attenzione delle persone.
Il primo favorì la diffusione del messaggio evangelico tra i ceti meno abbienti attraverso i preziosi cicli figurati tratti dalle Sacre Scritture, il secondo esaltò la potenza dello spirito mediante le ardite strutture architettoniche. A termine dei lavori entrambi visitarono la cattedrale edificata dal concorrente, constatando quello che mancava alla propria che l'altro aveva posto in essere.

La cattedrale di Santa Maria Nuova si trova nel centro storico di Monreale, adagiato sulle pendici del monte Caputo.
L'edificio segue il modello delle grandi basiliche benedettine di provenienza cluniacense. La facciata, prospiciente una piazza quadrangolare, è stretta fra le due torri campanarie, delle quali quella di sinistra rimasta incompiuta al primo ordine. L'ingresso è preceduto dal portico settecentesco, in stile barocco, che si apre sull'esterno con tre archi a tutto sesto poggianti su colonne tuscaniche; al di sotto di esso, vi è il portale, chiuso da due battenti bronzei, opera di Bonanno Pisano e risalenti al 1185 - 1186. Nella parte superiore della facciata, terminante con un basso timpano triangolare, si apre una monofora ogivale incorniciata da una decorazione ad archetti ciechi intrecciati fra di loro. Caratteristica peculiare dell'arte scultorea e architettonica normanna di Sicilia è il baton brises elementi scultorei architettonici a zig-zag di origine anglo-normanna presenti nella cattedrale di Monreale e ampiamente utilizzati in Inghilterra e in Sicilia sia in età normanna che in seguito.
L'esterno, modificato nei secoli XVI e XVIII, nell'area absidale conserva intatta l'impronta normanna ed è ornato a vari disegni formanti una serie di archi di pietre bianche e nere con cerchi al di sotto, assai ben combinati e disposti tra loro. La decorazione delle tre absidi, caratterizzata dal fitto intreccio di archi acuti, evoca atmosfere arabeggianti esaltate dalla decorazione policroma creata dall'alternanza di tarsie di calcare e di pietra lavica.

Il vasto interno della cattedrale ha pianta a croce latina con transetto poco sporgente che di fatto è una
continuazione ai lati del presbiterio delle navate laterali. Le navate, terminante ciascuna con un'abside semicircolare, sono divise da colonne antiche con pulvino e capitelli anch'essi antichi con clipei di divinità che sostengono archi a sesto acuto di tipo arabo. I soffitti sono a travature scoperte dipinti nelle navate e a stalattiti di tipo arabo nella crociera, questi ultimi rifatti nel 1811 dopo un incendio che aveva distrutto parte del tetto. Il pavimento, completato nel XVI secolo è musivo, con dischi di porfido e granito e con fasce marmoree intrecciate a linee spezzate.
All'interno è poi possibile osservare sul fianco destro dell'abside il sarcofago in porfido di Guglielmo I, morto nel 1166, e quello marmoreo di Guglielmo II. Sul lato sinistro, dentro tombe ottocentesche, si trovano invece le spoglie di Margherita di Navarra e di Sicilia, moglie di Guglielmo I, e dei figli Ruggero ed Enrico e la Cappella di San Luigi dei Francesi con i resti del re Luigi IX.
La parte più bassa delle pareti, dal fregio “a palmizi” al piano pavimentale, sul modello della Cappella Palatina di Palermo, è uniformemente resa ad incrostazione marmorea e fasce verticali (in tutto 493 unità), in mosaico ruotato, a motivi geometrici. Tali opere, assieme al pavimento del grande presbiterio e agli intarsi sugli arredi marmorei e sulle membrature architettoniche, costituiscono un complesso esecutivo di consistente estensione (circa 300 m² per le fasce a parete, e 975 m² per il pavimento del grande presbiterio) e un repertorio di motivi decorativi straordinariamente vario e numeroso. La cronologia esecutiva copre un arco temporale che va dalle origini della costruzione normanna fino ai primi anni del secolo scorso, con un incremento di intensità operativa nel corso dell'Ottocento, durante il quale si attuarono consistenti ed estesi interventi di restauro e integrazione. In attesa che giunga a compimento il lavoro di studio del prof. Giuseppe Oddo, sul mosaico decorativo in opus sectile a motivi geometrici del duomo di Monreale non sussiste al momento uno studio complessivo e organico.

Duomo di Cefalù

Cari amici, continua il nostro Itinerario Arabo-Normanno; oggi "visiteremo" la Cattedrale di Cefalù.



Costruito nel 1131 per volontà del normanno Ruggero ll, primo Re di Sicilia, il Monumento deve il suo splendore alla fusione di elementi diversi: la genialità e l’originalità degli architetti e delle maestranze islamiche, la raffinatezza bizantina nell’arte della pittura e del mosaico, l’influenza della cultura e dell'architettura normanne.
Significative le pitture del soffitto che rappresentano il paradiso islamico (1148).
La Cattedrale fu concepita anche come mausoleo di Ruggero ma il lento processo di decadimento che l’edificio subì dopo la sua morte convinse Federico Il, nel 1215, a trasferire a Palermo il sarcofago porfireo del Re normanno.
Alcuni anni dopo, nel 1240, ebbe inizio il restauro che comportò notevoli modifiche, anche stilistiche, del tempio originario come, tra le più evidenti, l’abbassamento del soffitto ligneo della navata principale, che oggi si presenta a capriate, e la parziale rotazione del transetto.
Il sagrato della Cattedrale, antico cimitero pubblico, è stato realizzato con la terra “santa" portata da Gerusalemme. La facciata è opera dell’architetto Panittera (1240) e il bel portico di Ambrogio da Como (1473).

All’interno, si rimane sopraffatti dal solenne mosaico di fattura bizantina che domina il catino dell’abside raffigurante Cristo Pantocratore, su fondo oro che benedice con le sole tre dita della mano destra, secondo il rito greco.
I mosaici ricoprono anche le pareti del presbiterio e la volta. Rappresentazioni di Patriarchi, Profeti, Santi. Angeli, Arcangeli, della Vergine e dei dodici Apostoli impreziosiscono le altre pareti e le vele delle volte.
Alla magnificenza dei decori ed allo sfavillio delle tessere dei mosaici si contrappone l’austero pavimento in pietra grigia. Nell’abside è degna di ammirazione la grande croce lignea bifronte dipinta nel xv secolo da Guglielmo da Pesaro.
Pregevoli il fonte battesimale romanico nella navata destra, gli stucchi barocchi (1650) nella navata centrale di Scipioni Livolsi con pitture di Ignazio
Bongiovanni ed una Madonna con Bambino attribuita ad Antonello Gagini, vicino all'ingresso nella navata sinistra.
Le due navate laterali sono costellate di sepolcri, pregevoli monumenti funebri di nobili (in particolare i sarcofagi della famiglia Ventimiglia) ed ecclesiastici: si segnala. in fondo alla navata destra, il sarcofago che custodisce le spoglie di Eufemia di Aragona, sorella di Federico (morta a Cefalù il 28 febbraio 1359), in chiaro stile paleocristiana. Lungo il lato sinistro del transetto si può ammirare la Cappella del Sacramento, voluta da monsignor Castelli ornata interamente in argento.
L’altare ( 1764-1779 ) è frutto del sapiente lavoro degli argentieri palermitani Gregorio Balsamo, Giovanni Rossi e Giuseppe Russo.
Sulla parete di fronte alla Cappella sono degni di nota il monumento del vescovo Giovanni Sergio ( 1814-1827) in atteggiamento di adorazione, opera di Leonardo Pennino, e un affresco raffigurante la Vergine risalente al XIV secolo. Ma la vera protagonista, all’interno di questo splendido tempio della cristianità, è la luce che, filtrando attraverso le 32 vetrate, diffonde una magica atmosfera.

Le vetrate, in stile astratto, sono state realizzate dall'artista palermitano Michele Canzonieri.




Itinerario Borbonico 



Vi propongo un itinerario nei luoghi che testimoniano la lunga permanenza dei Borbone in Sicilia.
Soprattutto nella figura di Ferdinando III° di Sicilia, già IV° di Napoli e successivo primo Re delle due Sicilie.








Per cominciare invito a visitare la Real Casina di caccia di Ficuzza, in cui ho ambientato parte del racconto "Il Re migrante", dove il Re risiedette ininterrottamente dal 1810 al 1813, periodo in cui il Regno di Napoli subiva la dominazione Francese.
La Casina è stata voluta da Ferdinando per usarla come base per le sue lunghe battute di caccia.
L'edificio è a pianta rettangolare in stile neoclassico, sopra il portale si può ammirare lo stemma Borbonico posizionato tra le statue del Dio Pan e della Dea della caccia Diana.



Nelle vicinanze di Ficuzza si trova il Santuario Madonna di Tagliavia, di cui il Re era molto devoto a tal punto che fu tra i promotori della costruzione.
La devozione popolare si deve al ritrovamento considerato miracoloso di un quadro, di cui vedete una copia nella foto, intorno al 1810 da dei pastori che si trovavano nelle vicinanze, la tradizione vuole che al ritrovamento di esso sgorgò una sorgente d'acqua.
Nel 1813 si concluse la costruzione di una prima chiesa come già citato con il contributo del Re.
Intorno al 1830 i Romiti, frati a cui venne affidata la cura del primo Santuario, cominciarono la costruzione di una nuova chiesa, che venne inaugurata il primo Maggio 1845 giorno dell'ascensione, per tale motivo la festa di Tagliavia si celebra in questa festività.




Un altro monumento che consiglio di visitare sono le Real Cantine Borboniche di Partinico.
Il complesso di circa 1400mq fu voluto da re Ferdinando fra il 1800 e il 1802.Il sito comprende oltre alle cantine, la cappella e le scuderie oggi trasformate in Auditorium.








L'ultimo monumento che cito in questo post, ma ce ne sarebbero tanti altri da nominare, è la Palazzina Cinese. Fu voluta da Re Ferdinando durante i suoi soggiorni a Palermo, dovuti all'occupazione francese del Regno di Napoli.
Realizzata prevalentemente in stile Cinese dall'architetto Giuseppe Venanzio Marvuglia, comprende anche un ampio giardino.








Itinerario liberty-neoclassico

Oggi vi propongo un itinerario tra alcuni monumenti
in stile liberty e neoclassico presenti nella città di Palermo.
Il liberty siciliano contribui alla diffusione del "floreale"
a Napoli, e fu precursore delle "arti applicate" diffusisi
poi in tutta Italia.
Ma prima della esplosione floreale, è il Neoclassicismo
che si manifesta in Sicilia sin dal 1763.
Il primo monumento che voglio portare all'attenzione è Villa Igea, divenuta ormai da anni grande albergo.
Il salone da pranzo è emblematico di una matura
e originale interpretazione siciliana del "Gesamtkunstwerk", dell'opera d'arte totale.
La costante apparizione femminile sulle pareti, fra i fiori del liberty, suscita emozioni che non hanno uguali in Europa.




Altro esempio di liberty siciliano e lo stabilimento di Mondello.
Fu voluto nel 1912 dalla società italo-belga
"Les Tranwais de Palerme" che ne affidò i lavori
a Rodolf Stualcker.
La costruzione è realizzata con sistema a palafitte conficcate nel fondale marino,
l'ingresso è garantito da una passerella al cui inizio è stata realizzata una monumentale scenografia.



Passando al Neoclassico monumentale esempio è il Teatro Massimo, fra i maggiori d'Europa, edificato a fine '800 dall'architetto Giovanni Battista Basile.
Dal 1974 al 1997 è rimasto chiuso per ristrutturazione, dall'apertura è divenuto il principale teatro a vocazione lirica d'Italia.









Itinerario Arbëreshë

Nelle prossime settimane proporrò alcuni itinerari nella cultura Albanese (Arbëreshë) di Sicilia.

Prima, pero, qualche informazione:
La presenza degli Italoalbanesi in Sicilia risale al XV secolo quando i turchi invasero i Balcani, provocando la diaspora albanese (shqipetara).
Da oltre cinquecento anni, gli Arbëreshë conservano con cura lingua, costumi, tradizioni e rito bizantino-greco, costituendo, di fatto, un modello di integrazione "ante litteram" di grande attualità.



Le cinque comunità albanesi di Sicilia (Contessa Entellina, Mezzojuso, Palazzo Adriano, Piana degli Albanesi, Santa Cristina Gela) sono spiritualmente e religiosamente dall'Eparchia di Piana degli Albanesi, attualmente guidata da sua Ecc.za Giorgio Demetrio Gallaro, che si differenzia dalle altre chiese di Sicilia per il rito bizantino-greco, La sua caratterizzazione non si riferisce alla sostanza delle celebrazioni e delle sacre funzioni, ma alle loro modalità e forme.








Per cominciare propongo un breve tour nelle bellezze storico-paesaggistiche di
Piana degli Albanesi.
Il paese venne fondato, nel 1448, da un gruppo di profughi in fuga dall'Albania. 


Molteplici sono i luoghi meritevoli d'interesse,
cominciando dalla parte bassa del paese, primo di essi è il museo civico "Nicola Barbato" che comprende sezioni dedicate ai costumi e agli ori arbëreshë, alle raccolte librarie degli Arbëreshë di Sicilia e alla mostra fotografica sulla strage di Portella della Ginestra.














Altro luogo da visitare e la Chiesa San Nicola di Mira

che fu eretta, nel XVI secolo, sul luogo dove già esisteva un'antica chiesetta dedicata allo stesso santo. La chiesa ha particolare rilievo artistico per le pregevoli icone del Seicento e del Settecento dell'iconostasi. La chiesa è ad una sola navata; le pareti sono arricchite da icone di scuola cretese e siculo-albanese del Settecento, che si differenziano dalle altre per l'uso di una tempera grassa e per il fondo in argento a mecca. Annesso alla chiesa vi è il Seminario greco-albanese e la sede dell'Eparchia di Piana degli Albanesi.





Di grande rilievo è la Cattedrale di San Demetrio Megalomartire (XV secolo): maestosa Cattedrale situata nel Corso Giorgio Kastrota. Vi si accede mediante una scalinata di stile tardo-barocco; la facciata è abbellita da mosaici. L'interno, a tre navate separate da due file di otto colonne di marmo ed archi a tutto sesto, contiene un'imponente iconostasi lignea, la più grande di Sicilia, con icone del monaco cretese Manusaki, che ricopre le tre absidi. Arricchiscono le pareti laterali della cattedrale affreschi dell'iconografo greco Eleuterio Hatsaras e trittici di icone che raffigurano la vita della Vergine, le feste principali e i padri della Chiesa ortodossa, quella centrale da affreschi del Katzaras raffiguranti feste Despotiche. Tra il 1641 ed il 1644, il monrealese Pietro Novelli eseguì gli affreschi delle absidi. L'opera più antica e di maggior rilievo artistico è l'icona della Madre di Dio con il Cristo di scuola senese del 1500, dipinta con tempera all'uovo. Sulla parete destra dell'entrata principale si trova una pala raffigurante San Demetrio e San Nestore, e il sepolcro del Servo di Dio P. Giorgio Guzzetta, illustre personalità arbëreshë vissuta intorno al XVIII secolo, che difese il rito orientale. Dal 1784 la chiesa fu sede del vescovo ordinante di rito greco-bizantino in Sicilia. Fino al 1924, in Piana degli Albanesi, la chiesa di San Demetrio era la sola parrocchia con un Collegio di quattro papàdes.

Ultima chiesa che voglio segnalare è Chiesa San Vito (XVI secolo): comunemente detta Sëndu Viti, esempio dell'arte tardo-barocca del paese, ricca di fregi, di altari intarsiati in marmi policromi. La chiesa, appartenente inizialmente ai fedeli di rito bizantino, fu ceduta da questi ai latini. Possiede una grande scalinata barocca risalta il portale settecentesco, composto dalle statue marmoree di S. Pietro e S. Paolo, da due putti e un medaglione. Nella chiesa a tre navate con l'abside e l'unica cappella laterale, poiché l'altra è stata adibita a sacrestia, si conservano importanti opere d'arte: la statua dell'Immacolata e la statua di S. Vito Martire.




La cittadina è arricchita dalla presenza di 
un magnifico lago-diga.







La Valle dei Templi di Agrigento

Tempio della Concordia
Oggi propongo un approfondimento storico-artistico, su uno dei beni siciliani facenti parte del patrimonio dell'umanità UNESCO:
La Valle dei Templi di Agrigento.

I primi studi sistematici del sito agrigentino si devono ai Borbone e iniziarono negli ultimi anni del XVIII secolo sotto la tutela del principe di Torremuzza, a quel tempo incaricato della conservazione dei beni culturali siciliani. Nel 1780 si rialzarono le colonne del tempio di Hera, mentre scavi e altri interventi si ebbero nell’Ottocento dopo la costituzione a Palermo, nel 1827, della Commissione di Antichità e Belle Arti per la Sicilia, con restauri parziali ai templi della Concordia e dei Dioscuri.
Tuttavia, solo dopo la prima guerra mondiale hanno avuto inizio scavi sistematici e lavori di restauro e protezione.

Akragas

Come vuole la tradizione, la fondazione della città greca di Akragas, sulla costa meridionale siciliana, avvenne attorno al 580 a.c. a opera di coloni rodio-cretesi provenienti da Gela. La documentazione archeologica ha dimostrato anche la presenza di uno stanziamento greco più antico, risalente al VII secolo a.c..
Akragas era un tipico insediamento greco classico posto sul fianco di una collina del litorale, cosa che ne facilitò l’espansione a partire dall’acropoli originaria. Dalla colonizzazione del VI secolo a.c. la città prosperò rapidamente. Durante il regno del tiranno Falaride (570-554 a.c.)  fu realizzata una cinta muraria difensiva destinata a rafforzare la protezione naturale già assicurata dalla posizione geografica.
L’espansionismo politico di Akragas toccò l’apogeo con il regno di Terone(488-472 a.c.). Egli estese il suo dominio fino alle coste orientali e settentrionali della Sicilia.
I grandi templi costruiti in quest’epoca sull’estremità meridionale della collina furono conseguenza sia della prosperità conosciuta allora dalla città sia del concomitante sviluppo culturale. Il più illustre cittadino di Akragas vissuto in questo periodo fu il celebre filosofo e scienziato Empedocle.
Malgrado la rivalità con Siracusa, verso la fine del V secolo a.c., Akragas godette di un breve periodo di tranquillità, al quale posero bruscamente fine nel 406 a.c. l’assedio e il saccheggio da parte dei Cartaginesi.
Dalla decadenza e dal quasi totale abbandono, la città risorse grazie al siracusano Timoleone, che la rifondò poco dopo la meta del IV secolo e consenti l’arrivo di nuovi coloni. Ma in breve la città divenne oggetto delle mire di Romani e Cartaginesi. Akragas finì in mano ai primi nel 262 a.c., ai Cartaginesi nel 255 a.c. e ancora ai Romani nel 210 a.c., che le diedero il nome di Agrigentum. Ebbe vita fiorente anche in età imperiale, ma decadde in epoca bizantina e venne occupata dagli Arabi nell’827. Questi tradussero il nome latino Girgent, donde l’italiano Girgenti che indicò la città fino al 1927, quando essa assunse il nome attuale.

La Valle dei Templi

La Valle dei Templi, nome con il quale è oggi indicata la zona archeologica, occupa la maggior parte
della città antica.
I rilievi retrostanti ne definirono i limiti dell’espansione a nord vi sono infatti la collina di Girgenti e dalla Rupe Atenea, mentre i limiti a est e a ovest sono rappresentati dai fiumi San Biagio e Sant’Anna. Il luogo dove sorgono i famosi templi si trova a sud, mentre più in basso un’ampia pianura si apre fino all’attuale centro balneare di San Leone, dove tra la fine dell’VIII secolo e gli inizi del VII a.c. si era già insediato un primo nucleo di coloni greci. Gli scavi archeologici hanno confermato che la disposizione della zona compresa tra l’acropoli e i templi risale al V secolo a.c.. L’area residenziale si sviluppò secondo il tradizionale reticolato di Ippodamo da Mileto.
La creazione di un’area sacra risale alla seconda meta del VI secolo a.c., ma le vestigia più imponenti sono i Templi costruiti a partire dal regno di Terone, consacrati a Eracle, Zeus Olimpio, Hera Lacinia, Vulcano e Concordia. Un’ampia strada collega questa zona sacra con i quartieri residenziali della città.

I templi

Tempio di Zeus
Del Tempio di Zeus, lungo 113 metri e largo 56, si conservano solo le fondazioni e parte dell’altare principale. Era uno dei più imponenti templi ellenistici conosciuti e si caratterizzava per una serie di peculiarità assolutamente uniche. In luogo della peristasi presentava un muro articolato esternamente da 14 semicolonne e internamente da altrettanti pilastri addossati alla parete. La cella a cielo aperto aveva le pareti scandite da 12 pilastri a sezione quadrata. Infine, nella parte alta delle pareti esterne, tra una semicolonna e l’altra, vi erano i telamoni, colossali figure di giganti alti più di 7 metri rappresentati con le braccia piegate ai lati della testa, a reggere l’immane peso della cornice.
Il Tempio della Concordia, che deve il nome, del tutto erroneo, a un’iscrizione latina trovata nei dintorni, è, dopo il Partenone di Atene, il tempio dorico meglio conservato, grazie anche alla trasformazione in chiesa cristiana nel VI secolo d.c.. È circondato da sei colonne in facciata e da tredici colonne sui lati lunghi.
Costruito nella seconda meta del V secolo a.c., il Tempio di Hera Lacinia sovrasta l’angolo sudorientale delle antiche mura, sul dirupo che scende verso il fiume San Biagio. Di questo edificio, nel quale si possono osservare le tracce lasciate dall’incendio che segui il sacco cartaginese del 406 a.c., si conservano intatte le colonne del lato settentrionale con l’architrave.
Il Tempio di Eracle è quello più antico, risale infatti alla fine del VI secolo. Si tratta di un tempio in antis, i cui resti sembrano indicare la distruzione dell'edificio a causa di un sisma.
Tempio di Ercole
periptero di proporzioni allungate; presenta un fronte con sei colonne doriche (esastilo) e colonnati laterali con 15 colonne. All'interno della peristasi si trovava una lunga cella munita di pronao ed opistodomo entrambi
Nei resti dell'edificio si riconosce la presenza di scalette interne per l'ispezione del tetto poste dei piloni tra pronao e cella, che diventeranno una presenza tipica nei templi agrigentini. Le colonne, molto alte, sono munite di capitelli assai espansi, con profonda gola tra fusto ed echino, tratti questi che denotano, con l'allungamento della cella e l'ampia spaziatura dei colonnati rispetto alla cella, il relativo arcaismo dell'edificio, separato da almeno un trentennio dagli altri templi peripteri dorici agrigentini. Sulla fronte orientale sono i resti del grande altare del tempio.

Tempio dei Dioscuri
L’ultimo tempio da ricordare è quello cosiddetto dei Dioscuri, costruito verso la meta del V secolo a.c., al centro dell’area del Santuario delle divinità ctonie, venne ristrutturato nel 1836, assemblando materiale diverso e non sempre adatto.

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