Rocco Chinnici
Propongo un'intervista a Rocco Chinnici, regista teatrale famoso per le sue commedie, ed i suoi presepi viventi.
Cosa ricordi della tua infanzia belmontese?
Se dovessi riassumere i ricordi, servirebbero migliaia di
pagine. I tempi erano quelli che erano, ricchi… si fa per dire, di grandi
privazioni che, a raccontarlo alle nuove generazioni, saresti subito considerato
un fesso di allora che, come se per tue scelte, amassi vivere quelle
situazioni. Ricordo però con grande gioia i giochi che, oltre ad essere
salutari, erano anche ricchi di grande socializzazione, cosa che adesso, con
questi mezzi tecnologici, tentano a isolare, per fare un esempio: si preferisce
messaggiare e parlare al telefonino, mentre di presenza viene difficile anche
parlarci. Allora si giocava a “scarricacanali, ammucciareddu, a trentunu, a
ssilona, o mazzaroccu… (anche s’era un gioco un po’ pericoloso, ma allora i
pericoli facevano parte del nostro essere), acchiappari ‘n tunnu ‘n tunnu a
chiesa” e così via; ma la cosa che più mi era caro era quando prima di andare a
letto si andava a “vasari a manu e nonnò”, come se aspettavamo quella benedizione
serale da quei nonni, allora molto importanti.
Quando
hai scoperto la passione per il teatro?
Intanto
è da precisare che il Teatro lo amavo già da piccolo, quando in chiesa “’O
circolinu” (azione cattolica), guidati da Padre Pizzo prima e da Gino Valentino
dopo, si metteva in scena qualche commedia, ed io cercavo, o meglio pregavo che
mi assegnassero un ruolo, anche una particina per salire sul palco e provare
quella famosa adrenalina che mette in circolo quella ebrezza unica in grado di
dare il meglio di noi. Via via, col passare degli anni, mi trovai a scrivere
una poesia che, con l’esperienza di adesso, posso dire drammatizzata, e cioè
atta a potere essere anche rappresentata, capii che dentro di me c’era questa
gran voglia di dar vita a personaggi di varia tinta, dalla prosa leggera, al
dramma. In tutte le mie opere, anche se pur in forma di falsa, c’è sempre una
denuncia di un male civico, perché se il Teatro, anche quello ilare, non riesce
a lasciar dentro un messaggio positivo, è e rimane solo la risata, e ai nostri
giorni, anche se ridere aiuta a superare i problemi che assillano, bisogna
anche lasciare dentro di ognuno qualcosa che faccia riflettere… mi dispiace
vedere invece chi scrive solo per scrivere, io dico sempre che: “Se c’è chi
scrive da cani, è perché c’è chi legge da ciuco”; la stessa cosa è il Teatro.
Voglio confessarti un particolare per me molto importante e che mi riempi di
orgoglio, vi fu un periodo che mi pubblicavano quasi ogni settimana, poesie sul
giornale di Sicilia, e il Magistrato, mio omonimo, volle conoscermi per una di
esse che lesse con grande interesse… poi mi confessò, e, parlando anche di
Teatro, mi suggerì di scrivere qualcosa che riguardasse la mafia, parlammo un
po’ di una mezza idea, e dopo qualche tempo scrissi il dramma, fu così bello
che ricevetti una medaglia dalla Presidenza della Repubblica, in quanto vinsi
il Torneo Applausi, un prestigioso premio Nazionale di teatro.
Secondo
te la Sicilia valorizza abbastanza i talenti di cui dispone?
Questa
è una domanda un po’ pungente, perché allora dovrei risponderti che “nessuno è
profeta nella propria terra”… (almeno ché non si chiami Profeta), per fare un
esempio: io vado in giro per l’Italia a fare Presepi Viventi unici nel suo
genere, sono scritti da me e depositati finanche alla SIAE, quest’anno, ho già
avuto sentore che, molto probabilmente, vincerò il quinto migliore d’Italia a
Giuliana, ho già vinto in Campania, Sicilia, Calabria; quest’anno lo metterò in
scena ad Avellino, precisamente a Monforte Irpino, sono già andato a fare i
dovuti sopralluoghi in quanto invitato dall’Assessore alla Cultura e dalla Pro
Loco. Grazie a questi presepi ho già quattro cittadinanze onorarie e sono quasi
certo che la quinta arriverà a breve.
Mi auguro che questa risposta riesca a soddisfare la
Tua domanda.
Come
mai da qualche anno non vivi a Belmonte?
Credo
che la risposta leghi molto con la precedente domanda, “cu nesci arrinesci”, a
dire il vero io sono uscito a causa di una mentalità da noi un po’ contorta,
per fare un esempio, tutti dicevano che io mi facevo i “bagni” anche con i
disabili, poiché ho lavorato anche con loro e ho preferito continuare a farmeli
in un mare vero e lontano da sconfortanti dicerie, e Tonnarella, dove adesso vivo con Patrizia
(insostituibile compagna e moglie), è il posto ideale che permette di scrivere
e trovare l’equilibrio giusto per ispirarmi a nuove opere.
Amo
molto il mio paese e i ricordi che ha saputo donarmi, e mi auguro tanto che
esso esca dalla crisi economica ma soprattutto da quella “Culturale”.
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