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Visualizzazione dei post da marzo, 2020

Rivolte d'amore; capitolo 3

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Quella sera del luglio 1859, Nino rientrò con suo cugino Pino. In casa erano rimasti in sei, Franca e Concetta da qualche hanno si erano sposate con due fratelli proprietari di due salme di terra a Mazzarca . “ Sté, domani andrai a Bagheria con zi Pino a raccogliere pesche!” esclamò Nino. “ Padre, ma domani dobbiamo portare le pecore alla Cannavata !” “ Tu non ti preoccupare, mi porterò Titta!” “ Come dite voi sia fatto padre!” Nino da qualche tempo aveva pensato di mandare Stefano a giornata. Troppo sacrificante e misera la vita del pastore. Alle quattro del mattino già Stefano era in groppa alla giumenta dietro gli altri operai, la carovana era aperta dal mezzadro Pino. Dopo una cavalcata di circa due ore, giunsero al feudo Moncheda: dieci salme di peschi e nespoli con, nella parte bassa, un imponente villa del settecento. La raccolta cominciò dalla parte del pescheto antistante la villa, ai lati della stradina d’ingresso. Intorno alle otto, lo stalliere preparò

Rivolte d'amore; capitolo 2

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I ragazzi rimasti in cima al Bosco sentirono le schioppettate provenienti da Montagnoli e capirono che si trattava di un’azione di Serpe e la sua banda, ma in cuor loro speravano che si concludesse con una disfatta dei borbonici, purtroppo quella stessa notte scoprirono che le loro speranze erano state vane… Qualche ora dopo, il fuoco appiccato dagli uomini di Filangeri cominciò, sotto i loro occhi, a distruggere il paese. Assistendo all’immane tragedia non riuscivano a proferire parola, la rabbia rimase dentro di loro quasi soffocandoli. Intanto le donne giù a Piano Casale vedendo la colonna di fumo salire da dietro la montagna, intuendo ciò che era accaduto, cominciarono a piangere battendosi il petto. Nino, visto il fumo e sentite le grida disperate, prese una giumenta e la lancio al galoppo verso la cima del monte. Stefano, che si era assopito, sentendo le grida corse impaurito verso sua madre: “Mamma che succede?” gli chiese tremante. “ Cose tinte , cose tinte Sté.”

Rivolte d'amore

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Parte Prima  Capitolo 1 Nei primi giorni del 1848, l’odio accumulato dai siciliani nei confronti della dinastia borbonica raggiunse l’apice: tutto ebbe inizio l’8 dicembre 1816, quando Ferdinando IV tornato a Napoli, dopo il suo esilio forzato a Palermo a causa dell’occupazione di Napoli da parte dei francesi di Murat, revocò la costituzione che aveva concesso nel 1812, allora spinto dal capitano inglese Lord William Bentick e da alcuni capi del partito riformista siciliano primo fra tutti il Giuseppe Emanuele IV Ventimiglia principe di Belmonte e lo zio Carlo Cottone principe di Castelnuovo. Ciò avvenne perché sentendosi ormai al sicuro istituì il Regno delle Due Sicilie assumendo il nome di Ferdinando I e spazzando via ogni sogno di un ritorno ad un Regno di Sicilia indipendente, così come auspicato dalla maggior parte del popolo siciliano. Tutto ciò portò, nel 1820, ad una serie di insurrezioni, rivolte sedate col sangue. Il 12 gennaio 1848 il tumulto divenne rivoluzione, al

Bucato

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Nella Belmonte di una volta, la biancheria si lavava una volta alla settimana, si cominciava la sera prima immergendo i capi bianchi nella "pila", piccola vasca in legno, con acqua e “lisciva”, il detersivo dell'epoca, per cominciare ad ammorbidire le macchie e lì si lasciavano tutta la notte. L'indomani a mano le nostre nonne cominciavano a lavare i vestiti che erano stati a mollo durante la notte. Per le macchie più ostinate, ad uso candeggio, si mettevano i capi al sole passando nelle macchie il sapone morbido. Lavati i capi bianchi, si passava a quelli via, via più scuri. Anticamente si faceva nei fiumi, a Belmonte "u Savucu", poi nei lavatoi, a Belmonte al pozzo, e solo nell'ultimo periodo di assenza della lavatrice utilizzando la "pila". Per quanto riguarda l'asciugare la biancheria, si stendevano o nei fili senza l'uso delle pinze, ma utilizzando dello spago attraverso dei noti chiamati "iacchi".