Belmonte e i Fasci siciliani
C'è una pagina della storia della Sicilia di cui, purtroppo, si parla poco. Mi riferisco alla pagina dei Fasci siciliani, nonostante, l'ampia partecipazione di noi belmontesi a tali accadimenti.
Questa non vuole essere la sede per tentare di sciogliere nodi ancora insoluti che hanno interessato quelle vicende; tuttavia, essendo fatti importanti nella storia siciliana è importante saperne di più.
Intorno al 1891, nelle campagne della Sicilia nacquero movimenti di lavoratori, al quale aderirono contadini, operai, artigiani e intellettuali. Essi in 1° maggio 1891, data della fondazione ufficiale, vennero battezzati Fasci.
Sull'esempio dei fasci operai nati
nell'Italia centro-settentrionale,
il movimento fu un tentativo di riscatto delle classi meno abbienti e,
inizialmente, era formato dal proletariato urbano, a cui si
aggiunsero braccianti agricoli, "zolfatai" (minatori nelle miniere di zolfo),
lavoratori della marineria ed operai. Essi protestavano sia contro la proprietà terriera siciliana,
sia contro lo Stato che appoggiava apertamente la classe benestante. La società
in Sicilia era all'epoca molto arretrata, il feudalesimo, sebbene abolito (dagli stessi
aristocratici illuminati) agli inizi del XIX secolo, aveva condizionato la distribuzione
delle terre e quindi delle ricchezze. L'unità d'Italia, d'altro canto, non
aveva portato i benefici sociali sperati ed il malcontento covava fra i ceti
più umili. Il movimento chiedeva fondamentalmente delle riforme, soprattutto in campo
fiscale, ed una più avanzata normativa nell'ambito agrario, che permettesse una
revisione dei patti agrari (abolizione delle gabelle) e la redistribuzione delle terre.

A seguito di tale massacro furono organizzate numerose
manifestazioni di solidarietà sia da parte dei Fasci, che sul piano nazionale,
ed aumentò l'esasperazione dello scontro sociale.
Il
21 e 22 maggio 1893 si tenne il congresso di Palermo cui parteciparono 500
delegati di quasi 90 Fasci e circoli socialisti. Venne eletto il Comitato
Centrale, composto da nove membri: Giacomo Montalto per la provincia di
Trapani, Nicola Petrina per la provincia di Messina, Giuseppe De Felice Giuffrida per
la provincia di Catania, Luigi Leone per la provincia di Siracusa, Antonio Licata per la provincia di Girgenti, Agostino Lo Piano
Pomar per la provincia di Caltanissetta, Rosario Garibaldi
Bosco, Nicola Barbato e Bernardino Verro per la provincia di Palermo.
Il 12 agosto venne organizzata una manifestazione che vide come protagoniste una cinquantina di compaesane.
Infatti il presidente del consiglio, il siciliano Crispi,
adottò la linea dura con un intervento militare comprendente esecuzioni
sommarie e arresti di massa. Il movimento fu sciolto nel 1894 e i capi vennero
arrestati dal Commissario Regio Roberto Morra di Lavriano.
Il 30 maggio il tribunale militare di Palermo condannò i fondatori a pesanti pene carcerarie: Giuseppe de Felice
Giuffrida a 18 anni di carcere, Rosario Bosco, Nicola Barbato e Bernardino
Verro a 12 anni di
carcere quali capi e responsabili dei Fasci siciliani. L'on. de Felice fu
difeso in sede giudiziaria dall'avvocato siciliano G.B. Impallomeni.
Il 14
marzo 1896, con un atto di amnistia,
venne concessa la clemenza a tutti i condannati in seguito ai fatti dei fasci
siciliani.
Chiudo affermando che: al di là del giudizio degli storici, i Fasci siciliani sono stati un momento di grande partecipazione popolare e, come tale andrebbe studiato meglio; soprattutto durante il percorso di studi.
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