Renato Guttuso
Renato Guttuso nacque il giorno di santo Stefano del 1911
nella cittadina siciliana di Bagheria. Il padre, il cavaliere Gioacchino
Guttuso, era agrimensore e di lui, nella collezione donata al Comune di
Bagheria, esistono vari ritratti: il primo, addirittura risalente al 1925,
dimostra il genio precoce dell'artista; altri con riga e squadra, ne
sottolineano la professione e l'ammirazione per l'uomo tutto d'un pezzo
appassionato di lettere e di arti, con il culto della libertà trasmessagli dal
padre Ciro, che aveva combattuto con Garibaldi. L'adolescenza borghese fu fitta
di stimoli per il futuro pittore.
Il giovane Guttuso abitava in una casa vicino alle ville
Valguarnera e Palagonia, delle quali ritrasse poi particolari in quadri
successivi e s'ispirava agli scogli dell'Aspra; tra le gite al mare e i primi
amori visse tutta la crisi siciliana del primo dopoguerra, durante la quale
ebbe inizio lo scempio architettonico e sociale. A Palermo, e nella stessa
Bagheria, vide in completa decadenza la nobiltà delle splendide ville
settecentesche, coi loro mostri famosi e l'avanzare di un vero massacro
urbanistico e di lotte di potere all'interno del comune, che scossero il
temperamento di Guttuso, mentre la famiglia era segnata da ristrettezze
economiche a causa dell'ostilità di clericali e fascisti nei confronti del
padre di Renato.
Questi, sentendo sempre più forte l'inclinazione alla
pittura, si trasferì a Palermo, per compiere gli studi liceali, e poi frequentare
l'Università (dove lo troviamo iscritto al GUF), classificandosi al 2º posto
per la critica d'arte ai Littoriali della cultura e dell'arte del 1937 a
Napoli, mentre in quelli del 1938, a Palermo, presentò il quadro Fucilazione in
campagna, dedicato al poeta Garcia Lorca fucilato dai franchisti[4]. La sua
formazione si modellò sulle correnti figurative europee, da Courbet a Van Gogh
a Picasso e lo portò a Milano e a viaggiare per l'Europa. Nel suo
espressionismo si fecero via via sempre più forti i motivi siciliani quali i
rigogliosi limoneti, l'ulivo saraceno, il Palinuro, tra mito e solitudine
isolana che, inviati nel '31 alla I Quadriennale di Roma, confluirono in una
mostra collettiva di sei pittori siciliani, accolti dalla critica – dice Franco
Grasso nella citata monografia – come «...una rivelazione, un'affermazione
siciliana».
Tornato a Palermo, aprì uno studio in Corso Pisani e con la
pittrice Lia Pasqualino Noto e gli scultori Giovanni Barbera e Nino Franchina
formò il "Gruppo dei Quattro".
Rifiutato ogni canone accademico, con le figure libere nello
spazio o la ricerca del puro senso del colore, Guttuso s'inserì nel movimento
artistico "Corrente", che con atteggiamenti scapigliati s'opponeva
alla cultura ufficiale e denotava una forte opposizione antifascista nelle
scelte tematiche negli anni della guerra di Spagna e che prepararono la seconda
guerra mondiale.
Durante la guerra continua la straordinaria produzione artistica dipingendo
nudi, paesaggi, nature morte e realizzando la Crocefissione (1940-41), la sua
opera più famosa ed uno dei quadri più significativi del Novecento.
Lui stesso chiarisce il significato dell'opera: "questo
è un tempo di guerra. Voglio dipingere questo supplizio del Cristo come scena
d'oggi. ... come simbolo di tutti coloro che subiscono oltraggio, carcere,
supplizio per le loro idee". Il quadro, presentato al premio Bergamo
nell'autunno del 1942, dove riceverà il secondo premio, suscita un grande
scandalo e il Vaticano proibisce ai religiosi di guardare l'opera. Nel 1940 al
Teatro delle Arti di Roma, diretto da Anton Giulio Bragaglia, Renato Guttuso fa
il suo esordio nella scenografia musicale, firmando scene e costumi per
l'Histoire du Soldat.
Nel 1943 lascia Roma per motivi politici e partecipa
attivamente alla resistenza antifascista. Della lotta partigiana ha lasciato
una struggente testimonianza artistica nella serie di disegni realizzati con
inchiostri delle tipografie clandestine intitolati Gott mitt Uns.
Nel ’45 a Parigi con Pablo Picasso stringe una amicizia che
durerà tutta la vita.
Guttuso nello studio di Villa MassimoIn Italia assieme ad
alcuni artisti ed amici tra i quali Birolli, Vedova, Marchiori, il gallerista
Cairola fonda il movimento Fronte Nuovo delle Arti, un raggruppamento di
artisti molto impegnato politicamente con l'obbiettivo di recuperare le
esperienze artistiche europee che a causa del fascismo erano poco conosciute in
Italia.
Nella sua pittura sono presenti temi sociali e di vita
quotidiana: picconieri della pietra dell'Aspra, zolfatari, cucitrici,
manifestazioni di contadini per l'occupazione delle terre incolte.
Nel '47 trasferisce il suo studio a Villa Massimo. Nello
stessso anno a Venezia con le scene e i costumi per Lady Macbeth di Sostakovic,
in prima assoluta per l'Italia, prosegue la collaborazione con l'opera e con il
coreografo Aurele Millos.
Nel 1950 otttiene a Varsavia il premio del Consiglio
Mondiale per la Pace, nello stesso anno tiene la sua prima personale a Londra.
A Roma al Teatro dei Satiri curerà le scenografie e i
costumi per "Madre Coraggio e i suoi figli" di Bertolt Brecht, in
prima assoluta per l'Italia.
E' sempre presente alle Biennali di Venezia con grandi
quadri, nel '52 con la Battaglia di Ponte dell'Ammiraglio, nel '54 con Boogie
Woogie, nel '56 con la Spiaggia suscitando discussioni e dibattitti.
Sposa Mimise; Pablo Neruda, che gli ha dedicato una sentita
poesia, sarà testimone delle loro nozze.
Collabora alle più importanti riviste italiane e
internazionali con scritti di teoria e critica d'arte, prendendo posizione nel
dibattito sul realismo. Dipinge La Discussione che verrà acquistato dalla Tate
Gallery di Londra. Lavora all'illustrazione della Divina Commedia
che sarà pubblicata nel '61 da Mondadori. Elio Vittorini scrive un'importante
monografia sul pittore mentre l'amico Pasolini scriverà un'introduzione per un
suo libro di disegni.
A New York, la Aca-Heller Gallery gli dedica un'importante
mostra.
Il Museo Puskin di Mosca gli dedica un'importante
retrospettiva nel '61.
Il Museo Stedelick di Amsterdam gli dedica un'antologica di
grande successo che sarà poi ospitata anche al Palais de Beaux Arts di
Charleroi mentre nel '63 si apre a Parma una sua ampia mostra antologica,
presentata da Roberto Longhi. Sempre a Parma, nello stesso anno, curerà scene e
costumi per il Macbeth di Verdi.
Nel '65 elabora il tema del lettore di giornale e quello
dell'Edicola che lo porterà a realizzare la sua unica grande scultura.
Guttuso nel '65 si trasferisce a Palazzo del Grillo dove
continuerà ad abitare e lavorare fino alla morte.
Nel '66 realizza il grande ciclo dell'Autobiografia, una
serie di dipinti che costituiranno il nucleo di importanti antologiche ospitate
in vari musei europei. A questo ciclo Werner Haftmann dedicherà un'importante
monografia. Tra i quadri più belli e significativi Gioacchino Guttuso
Agrimensore (1966), omaggio al padre ritratto nell'erba dietro il teodolite.
Collabora alla realizzazione delle scene teatrali per il Contratto di Eduardo
de Filippo, suo grande amico.
Nel '71 riceve dall'Università di Palermo, la laurea Honoris
Causa e gli sono dedicate due importanti antologiche: una a Palermo al Palazzo
dei Normanni con testi di Leonardo Sciascia, Franco Grasso e una al Musee d'Art
Moderne de la Ville di Parigi.
Nel 1972 riceve il premio Lenin e gli viene dedicata una
grande mostra Guttuso mentre dipinge i funerali di Togliattiall'Accademia delle
arti di Mosca. Una grande mostra retrospettiva percorre l'Europa orientale
toccando Praga, Bucarest, Bratislava, Budapest.
Dipinge il grande quadro la Vucciria (1974) che affida
all'università di Palermo e nel '76 dipinge il Caffè Greco (ora Collezione
Ludwig di Colonia.)
Illustra i Malavoglia di Verga nel 1978 e l'Eneide di
Virgilio nel 1980. Viene eletto Senatore, nelle liste del PCI, nel collegio di
Sciacca.
Nel 1973 Guttuso sceglie un importante nucleo di opere, sue
e di altri artisti, che costituiranno la base per istituire a Bagheria la
Galleria civica.
Nel 1981 Giuliano Briganti scrive la presentazione per la
sua mostra a Roma sul ciclo delle Allegorie, della Malinconia e della sera.
Il centro di cultura di Palazzo Grassi di Venezia gli dedica
una importante mostra antologica nell'82, a cura di Maurizio Calvesi, Cesare
Brandi e Vittorio Rubiu.
Nel 1983 affresca una cappella del Sacromonte di Varese con
la Fuga in Egitto.
Vengono pubblicati, a cura di Enrico Crispolti, i primi tre
volumi del catalogo generale dei suoi dipinti.
Nel 1985 intraprende un'opera monumentale, affrescando
l'intera volta ( più di 120 mq. di pittura) del soffitto del teatro lirico
Vittorio Emanuele di Messina, rappresentando la leggenda del Cola Pesce.
Nel 1986 dipinge un ciclo di opere dedicato al tema del
gineceo che culmina nel quadro "Nella stenza le donne vanno e
vengono...", ultimo grande sforzo del pittore che resterà incompiuto.
Il 18 gennaio del 1987 muore lasciando alcune opere, tra le
più importanti, alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma. Altre opere e
una ricca raccolta documentale le ha già affidate al museo che la sua città
natale, Bagheria, gli ha intitolato. Il Museo Guttuso, che ha sede nella
settecentesca Villa Cattolica, raccoglie così la più ampia collezione di opere,
quadri, disegni e grafica dell'artista, e nel giardino della Villa conserva la
grande Arca funebre dedicatagli dal suo amico Giacomo Manzù, dove egli riposa.
Subito dopo la morte viene organizzata dal Museo Guttuso di Bagheria, a cura di
Maurizio Calvesi, con il contributo dei più importanti critici italiani, la
mostra "Dagli esordi al Gott mitt Uns".
Dopo la sua morte, il figlio adottivo Fabio Carapezza
Guttuso fonda gli Archivi Guttuso, cui destina lo studio di Piazza del Grillo,
e integra la collezione del museo di Bagheria. Gli Archivi organizzano numerose
mostre, tra queste due antologiche del pittore, una in Germania nel '91 e
l'altra nel '96 a Londra e Ferrara; il completamento, in collaborazione con
Enrico Crispolti, del Catalogo Ragionato Generale dei Dipinti di Renato
Guttuso; e nel decennale della morte, una grande mostra, incentrata sulla
collaborazione tra Guttuso e il teatro musicale, al teatro Massimo di Palermo.
Infine curano, per la Rizzoli nel 1999, una completa, monografia dedicata
all'Artista.
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