Origini lingua siciliana
La lingua siciliana è stata influenzata, nel suo formarsi, principalmente da 5 lingue straniere:
greco, latino, arabo, francese e spagnolo.
Questa influenza è dovuta alle rispettive dominazioni straniere che hanno governato la Sicilia nel corso dei secoli, mi riferisco a greci, romani, arabi, normanni e spagnoli.
Proporrò una serie di post allo scopo di spiegare i motivi di tali influenze, cominciando da quella Greca.
Come già citato la prima di esse è la cultura ellenistica. I greci arrivarono in Sicilia nell'ambito di un flusso migratorio originato da singole città della Grecia antica, motivato sia dall'interesse per lo sviluppo delle attività commerciali, che da tensioni sociali dovute all'incremento della popolazione a cui la magra produzione agricola non riusciva a dare sostentamento.
greco, latino, arabo, francese e spagnolo.
Questa influenza è dovuta alle rispettive dominazioni straniere che hanno governato la Sicilia nel corso dei secoli, mi riferisco a greci, romani, arabi, normanni e spagnoli.
Proporrò una serie di post allo scopo di spiegare i motivi di tali influenze, cominciando da quella Greca.
Come già citato la prima di esse è la cultura ellenistica. I greci arrivarono in Sicilia nell'ambito di un flusso migratorio originato da singole città della Grecia antica, motivato sia dall'interesse per lo sviluppo delle attività commerciali, che da tensioni sociali dovute all'incremento della popolazione a cui la magra produzione agricola non riusciva a dare sostentamento.
Le prime colonie sorsero nella Sicilia orientale: nell'VIII
secolo a.C. i greci calcidesi fondarono Zancle, Naxos, Leontinoi e Katane;
nella parte sud-orientale i corinzi e i megaresi fondarono, rispettivamente,
Syrakousai e Megara Hyblaea, mentre nella costa meridionale, nel 688 a.C.,
cretesi e rodii fondarono Ghelas, successivamente alcuni suoi abitanti fondarono Akragas.
Ai greci poi succedettero poi, i Cartaginesi grazie, soprattutto, alle truppe guidati da Amilcare II.
Tra i vocaboli da me presi in esame, quelli che derivano da termini di lingua greca.
Le parole più curiose sono: "Babbiari" - scherzare - dal greco "Babazo"= ciarlare; "Crastu" - montone - dal greco "Kràstos" e "Spanu"- rado - dal greco "Spanos".
La Sicilia godette di un relativo benessere fino ad epoca
Antonina, ma nel III secolo partecipò al generale processo di decadenza
economica e politica dell'Impero. Con il nuovo ordinamento amministrativo
ideato da Diocleziano (Diocesi d'Italia) e mantenuto in massima parte dagli
imperatori successivi, la Sicilia, con la Sardegna e la Corsica, venne unita
amministrativamente all'Italia. All'effimera ripresa culturale ed economica
dell'Impero durante il IV secolo l'isola non restò probabilmente estranea: di
quest'epoca è la celebre villa romana del Casale di Piazza Armerina, che con i
suoi 3.500 m² di mosaici. costituisce uno dei più superbi esempi di arte
romana tardoantica. Attorno alla metà del V secolo i Vandali di Genserico,
stabilitisi in Africa, s'impadronirono dell'isola.
A seguito della prima guerra punica (264-241 a.C.) l'isola
fu assoggettata a Roma, che dopo la vittoria di Torquato Attico e Catulo sulle
truppe cartaginesi di Annone nella battaglia delle Isole Egadi, ne fece la sua
prima provincia Romana: una parte del territorio venne considerato ager
publicus mentre il resto fu sottoposto a tributo. Vi si mantennero tuttavia, o
vi si formarono, città federate (fra cui Siracusa, che mantenne per alcuni
decenni una limitata autonomia) e municipi romani. Per quanto concerne l'ambito
economico-produttivo il territorio siciliano fu coltivato estensivamente a
frumento per approvvigionare Roma, al punto tale da definire le Sicilia stessa
il granaio di Roma.
In età augustea si moltiplicarono gli stanziamenti dei
veterani e dei coloni romani che favorirono il processo di latinizzazione di
gran parte dell'isola. Essa, tuttavia, nell'ordinamento delle regioni augustee,
era considerata come non facente parte dell'Italia. La concessione generale
della cittadinanza romana fatta a suo tempo da Marco Antonio non fu tuttavia
mantenuta da Augusto, il quale però assegnò alle principali città lo status di
municipio romano o di colonia latina.
Le parole più curiose che hanno a noi trasmesso sono:
"Crivu"- setaccio - dal latino "Cribrum", "Ciciri"- ceci - dal latino "Cicer" e "Cirasa" - ciliegia - dal latino "Cerasium".
Altra dominazione che a inciso nella cultura e nella lingua siciliana è quella Araba:
Altra dominazione che a inciso nella cultura e nella lingua siciliana è quella Araba:
L'occupazione stabile dell'isola da parte dei musulmani ebbe
inizio però solo con lo sbarco nell'827 a Mazara del Vallo. La conquista
proseguì lentamente: nell'831 fu presa Palermo, nell'843 Messina, nell'859
Castrogiovanni. Rimase ancora ai Bizantini (ma forse è meglio dire in stato di
semi-anarchia, dato che le flotte bizantine lasciarono la Sicilia abbandonata a
se stessa) una striscia ad oriente con Siracusa, che cadde solo nell'878, e
Taormina, che resse ancora fino al 902. L'occupazione islamica della Sicilia e
dei suoi arcipelaghi terminò con Rometta nel 965. Vari fattori assicurarono per
secoli il dominio dei musulmani in Sicilia: l'efficienza del loro sistema
amministrativo, fiscale ed economico (con la dissoluzione del latifondo e la
facilità dei rapporti commerciali con il più avanzato e contiguo mondo
nordafricano in particolare e islamico in genere), la forza delle strutture
militari (che godevano tra l'altro della prossimità degli stanziamenti
musulmani nell'Italia meridionale), la divisione politica delle potenze
italiche e l'impotenza dei vari sovrani cristiani.
Le principali parole che abbiamo ereditato sono:
"Azzizari" - dall'arabo "Aziz; "Balata"- dall' arabo "Balàt"; "Giummu"- dall'arabo "Giummah".
Anche i nomi di molti paesi e località siciliane sono di derivazione araba, ad esempio: Misilmeri, Calatafimi, Marsala, Gibilrossa e tanti altri.
A portare il francese nella lingua siciliana furono i
Normanni stabilitisi nel Mezzogiorno che, prima ancora di compiere la conquista
del continente, concentrarono i propri sforzi per cacciare dall'isola i
musulmani, forti del placet papale. Ruggero I d'Altavilla (chiamato così perché
proveniente dalla città francese di “Hauteville la Guichard”) iniziò l'impresa
nel 1060 e la compì nel 1091 tenendo la Sicilia col titolo comitale come feudo
di Roberto il Guiscardo. A lui succedette Ruggero II, che alla Sicilia riunì il
Mezzogiorno continentale ed ebbe nel 1130 dall'antipapa Anacleto II, e poi nel
1139 da Innocenzo II, la corona di Sicilia come feudo della Santa Sede. Scelse
come sede reale, la cittadina di Cefalù, dove fece erigere nel 1131 la Basilica
Cattedrale come suo mausoleo. Gli successe il figlio Guglielmo il Malo
(1154-1166), cosiddetto per la durezza con cui egli, o piuttosto il suo potente
ministro, l'ammiraglio Maione di Bari, represse le rivolte dei grandi,
specialmente di Puglia. Questi si erano rivolti a Federico Barbarossa e
all'imperatore bizantino Manuele I Comneno. Le milizie bizantine sbarcarono in
Puglia, occupando Brindisi e Trani. Creando una base a Brindisi (1156), andarono
però perdute le conquiste di Ruggero II.
Il Castello Ursino di Catania, voluto da Federico II di
Svevia, fu edificato fra il 1239 e il 1250
L'abside del Duomo di Monreale; domina l'immagine del Cristo
Pantocratore
Successo a Guglielmo I il secondogenito Guglielmo il Buono
(1166-1189), il regno si andò pacificando. Nella contesa tra il papato e i
comuni da una parte e il Barbarossa dall'altra, Guglielmo II stette con i primi
per difendersi dalle mire imperiali. Dopo Legnano egli concluse a Venezia, al
pari dei comuni lombardi, una tregua con il Barbarossa (1177) e la pace a
Costanza (1183).
Il che favorì un'intesa fra impero tedesco e regno normanno:
Guglielmo II fidanzò l'unico discendente legittimo della dinastia, Costanza
d'Altavilla, figlia di Ruggero II, con il figlio dell'imperatore Enrico (1184).
Il matrimonio fu celebrato a Milano nel gennaio 1186.
Morto Guglielmo II, contro Enrico VI si levò un forte
partito che gli oppose un rampollo illegittimo della casa normanna, Tancredi,
conte di Lecce, che fu riconosciuto da papa Clemente III. Una prima spedizione
di Enrico VI (1191) non riuscì nella conquista del regno; una seconda, avvenuta
dopo la morte di Tancredi (febbraio 1194), portò al successo, e alla fine del
1194 Enrico fu incoronato Re di Sicilia a Palermo. Tentativi di rivolta furono
da lui ferocemente repressi. Egli intendeva fare del regno una base per una
grande spedizione contro l'Impero bizantino, ma la morte sopraggiunse
improvvisamente a Messina nel settembre 1197.
La storia della Sicilia sotto suo figlio, Federico II, detto
stupor mundi, il quale procedette ad un riordinamento generale del regno, è
narrata nella voce relativa; e il seguito di essa in quella su Manfredi. Caduto
questi a Benevento (1266), Carlo I d'Angiò, al quale il pontefice aveva
trasmesso il regno, ne rimase padrone; e vana riuscì la spedizione di Corradino
di Svevia (1268), che venne decapitato a Napoli.
Le principali parole francesi della lingua siciliana sono:
“Accia” – sedano- dal francese “Achè”; “Buatta” – barattolo –
dal francese “Boite” – “Cafè” – che deriva dal medesimo termine francese “Cafè”.
Vorrei sottolineare la presenza francofona in alcuni comuni
della Sicilia, come Sperlinga e San Fratello dove si parla la lingua
Gallo-Italica.
La dominazione che più di ogni altra ha inciso nella lingua
e nella cultura siciliana, e quella spagnola in particolare aragonese; io
sostengo che siamo figli dei napoletani e nipoti degli spagnoli:
Con la pace di Caltabellotta (1302) la Sicilia rimase a
Federico III di Aragona col titolo di re di Trinacria. Alla sua morte l'isola
sarebbe dovuta tornare agli Angioini; invece Federico fece riconoscere per
successore il figlio Pietro. Di qui una lunga guerra fra i due regni che fu
inconcludente e assai dannosa, con incursioni reciproche e sbarchi sulle coste
e con la legislazione e l'appoggio dato a re Roberto; a Pietro successe Luigi
(1342-1355). Sotto di lui e il suo successore Federico III, Giovanna I di
Napoli e il marito Luigi di Taranto intervennero, chiamati da molti signori,
ricevettero a Messina (1356) l'omaggio dei sudditi siciliani e per qualche
tempo furono nella maggior parte dell'isola. Ben presto però Federico riprese
il sopravvento; e nel 1372 fu conclusa la pace, per la quale la Sicilia
rimaneva alla casa cadetta aragonese come del papa. L'isola rimarrà
indipendente e con una propria dinastia regale fino al 1410 circa. Morto
Federico III nel 1377, la successione della figlia Maria non venne riconosciuta
da Pietro IV d'Aragona del ramo principale, che cedette i suoi diritti sulla
Sicilia al secondogenito Martino il Vecchio, il quale li trasmise al figlio
Martino il Giovane. L'isola si divise in fazione aragonese e siciliana,
quest'ultima dominata dai potentissimi baroni Chiaramonte. La regina Maria fu
fatta prigioniera dalla fazione aragonese, condotta in Catalogna e maritata a
Martino il Giovane, e questi venne coronato a Palermo (1392). Pure la guerra
civile continuò sin verso la fine del secolo. Morti Maria (1402) e Martino il
Giovane (1409), Martino il Vecchio re d'Aragona si dichiarò erede del Regno di
Trinacria; ma, morto anche lui quasi subito dopo (1410) ed estintasi la casa
d'Aragona, seguì un periodo d'interregno e confusione, finché i siciliani, al
pari degli Aragonesi, riconobbero il figliolo della sorella di Martino il
Vecchio, Ferdinando I d'Aragona, venendo così a riunire i due regni di Aragona
e di Sicilia con l'isola che perdette l'indipendenza.
In Sicilia i primi re aragonesi emanarono molte costituzioni
per difendere i diritti popolari dagli abusi feudali e fiscali, e costituirono
definitivamente l'istituto del parlamento, un'assemblea d'origine normanna
composta di nobili, clero e deputati delle città regie (cioè non feudali), cui
fu riservato il diritto di deliberare pace e guerra, di votare le imposte, di
censurare i pubblici ufficiali. I re per tener a freno la nobiltà favorirono
anche le libertà municipali; ma, nonostante tutto questo, i feudatari
acquistarono un potere preponderante a danno dell'autorità regia e dei comuni.
Tutto ciò portò l'isola ad una profonda decadenza. Da questi eventi e dalle
loro ripercussioni in Sicilia si favorì la ripopolazione e la costruzione di
nuovi centri abitati, anche da colonie non siciliane.
Alfonso d'Aragona re di Sicilia, figlio di Ferdinando I
d'Aragona, acquistò anche Napoli nel 1442. Ma alla sua morte (1458) la riunione
ebbe termine, perché la Sicilia passò con l'Aragona al fratello Giovanni II
d'Aragona, mentre Napoli fu lasciata da Alfonso, come acquisto personale, al
figlio naturale legittimato, Ferdinando I.
Sono moltissime le parole spagnole nella lingua siciliana:
“Ammarrari” da “Embarrar”; “Nsajari” da “Ensajar”; “Truppicari”
da “Tropezar” e tanti altri.
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