Dott. Salvatore Migliore
Oggi propongo una breve intervista al Dott. Salvatore
Migliore, profondo conoscitore della Storia di Belmonte.
Che ricordi ha della Belmonte della sua infanzia?
Molti bei ricordi che ho trasmesso, quanto ne ho avuto la
possibilità. Nei mei due libri su Belmonte (Belmonte dalla scopa al gippone e Belmonte
Mezzagno: storia - prospettive) e in
quello recentissimo (I legami che restano e i sogni coltivati) ho sottolineato
alcune interessanti esperienze vissute nella mia infanzia.
I così detti giochi
di strada, giochi poveri perché fatti con mezzi poveri ma coinvolgenti. A
strummula, u crcu, u carritteddu fatto con un pezzo di legno e quattro ruote a
sfera, un mazzaroccu, questi i mezzi. E, poi, a mucciareddu, fra girolamu, a
travu longu erano altri giochi che si fecevamo tra i ragazzi miei coetanei.
Questi giochi,
ovviamente, non erano esclusivi del nostro paese. Da qualche tempo, vengono
ripresi e proposti come opportunità di socializzazione. Nei miei libri prima
ricordati ho proposto all’Amministrazione comunale di fare altrettanto a
Belmonte.
Oltre ai giochi
appena accennati mi sono rimasti impressi nella mente e nel cuore i rapporti
umani che hanno caratterizzato il periodo della mia infanzia.
Lei ha scritto parecchi saggi sulla disabilità, ha tal
proposito le chiedo: come è cambiata, negli ultimi anni, l'inclusione sociale
delle persone con disabilità?
Molti passi avanti
sulla inclusione delle persone con disabilità si registrano, grazie ad una
normativa di grande livello che lo Stato e la Regione Siciliana hanno
approvato. Ricordo le leggi dello Stato nn. 104/92 e 328/00 e le leggi regionali nn. 68/81, 16/86
e 22/86.
I risultati non
sono, purtroppo, quelli previsti dalla normativa. Ad oggi, pertanto, le molte
aspettative che hanno accompagnato l’approvazione delle leggi ricordate sono
state parzialmente deluse.
L’integrazione scolastica, ad esempio, non avviene in maniera puntuale,
compiuta e tempestiva. Spesso si deve fare ricorso alla Magistratura per il
riconoscimento di sacro santi diritti.
Negli ultimi vent'anni com'è cambiata, se è cambiata, la
dialettica politica sia a livello nazionale che a livello locale?
Sicuramente è
cambiata. Ma sino a quando non vi è alla base il rispetto reciproco dei
protagonisti, non sarà una dialettica destinata a produrre risultati positivi.
Questo, vale, ovviamente, a tutti i livelli.
Qualche tempo fa ho riletto il testo di Filippo Ales
"Il tempo di Don Mariano"; esso, come lei saprà, da uno spaccato
della Belmonte degli anni '60.
Quella che tu ricordi
è una esperienza interessante che personalmente ho vissuto assieme a Filippo
Ales e ad altri giovani di quel periodo. Abbiamo fondato un giornale, “IL
TRIDENTE” di cui sono stato Direttore. C’era una partecipazione intesa alla
vita politica, sociale e religiosa della nostra comunità. Quella degli anni ’60
è stata una esperienza positiva, di crescita di tutti di noi e della comunità
locale in genere.
In quella Belmonte ho trovato un fermento politico-sociale
molto forte, cosa che oggi ho difficoltà a trovare. Lei concorda con la mia
lettura del periodo storico?
Concordo con la tua
lettura. Però, non bisogna arrendersi. Bisogna sollecitare a tutti un impegno
per fare crescere la nostra società. Ciascuno di noi, indipendentemente dalle appartenenze
politiche o meno, deve trovare il modo di portare il proprio contributo.
Personalmente, sono impegnato in questa direzione. In particolare, cerco di
stimolare un dialogo/confronto fra i cittadini, la politica e le istituzioni
perché lo ritengo necessario per fare crescere la nostra società.
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