Giuseppe Emanuele IV Ventimiglia

C’è stato un personaggio storico che ha portato alto il nome di Belmonte Mezzagno durante tutta la sua intensa vita. Si tratta di Giuseppe Emanuele IV Ventimiglia principe di Belmonte, nipote e omonimo del fondatore del paese. Egli fu uno dei protagonisti delle vicende che portarono alla Costituzione del 1812.

Giuseppe Ventimiglia nacque a Palermo nel 1766, figlio primogenito del principe Vincenzo e di sua moglie, Anna Maria Cottone di Castelnuovo, di tradizioni costituzionaliste. Sin dalla gioventù venne inviato a studiare a Roma presso il Collegio del Nazareno per poi dedicarsi ad un gran tour in Europa, toccando tappe importanti come il viaggio in Italia, Svizzera, Impero, Ungheria e Polonia. Durante quest'ultimo viaggio conobbe ed accompagnò il sovrano Stanislao Poniatowski al suo primo incontro con la zarina Caterina II, facendo quindi seguito all'imperatrice sino a Kiev ed a Kherson, navigando lungo il Dnieper. Giunto in Crimea, da qui raggiunse la Moldavia e la Valacchia facendo tappa a Bucarest, attraversando poi la Prussia, la Sassonia e quindi giungendo in Francia ed in Inghilterra. Tornato a Parigi, qui conobbe sua cugina Charlotte Ventimille, del ramo francese della sua famiglia, e la sposò prima di fare ritorno con lei in patria.

L'ambiente culturale che ritrovò a Palermo era intriso dei personaggi patrocinati da suo zio Carlo, principe di Castelnuovo, ed ebbe perciò corrispondenze con l'astronomo Giuseppe Piazzi e con Paolo Balsamo tra gli altri. Si batté negli inizi dell'Ottocento per il mantenimento dell'Accademia Palermitana degli Studi, minacciata di chiusura dallo stesso re Ferdinando IV che era intenzionato a ripulirla dell'impronta libertaria che aveva assunto ed a restituirla ai gesuiti.
In quegli anni re Ferdinando viveva in Sicilia perché Napoli era occupata dalle truppe francesi guidate dal maresciallo dell’impero di Francia – nonché cognato di Napoleone – Gioacchino Murat. Ferdinando IV riusciva a soffocare sul nascere ogni tentativo di rivolta del popolo siciliano, il quale non sopportava l’idea che la Sicilia fosse considerata dal Re subalterna rispetto a Napoli, grazie all’appoggio dell’esercito inglese.
Il Belmonte fu uomo di idee liberali, per questo presto divenne una delle figure chiave quando gli inglesi si adoperarono per restituire ai Borbone la loro corona nell'Italia meridionale, dopo la caduta dei francesi: lord Horwick (futuro conte Grey e primo ministro inglese) lo teneva in grande considerazione per una possibile intesa anglo-sicula al fine di sconfiggere il "partito" dei sostenitori della regina Maria Carolina che appoggiava i francesi di Murat. Proprio per questo scopo il Ventimiglia si pose a capo di 30.000 uomini armati volti a difendere  la forma di governo esistente contro la proprietà dei particolari e i privilegi dei diversi ordini. Tra questi privilegi che il Ventimiglia riteneva ormai intollerabili vi era una sorta di tassa fissa che la Sicilia doveva pagare al governo di Napoli senza motivazione e che rimandava a una specie di donativo medievale; egli propose al contrario una imposta fondiaria basata su un catasto da preparare e solo in seguito una eventuale imposta indiretta per coprire il gettito eventualmente insufficiente.

Appoggiò apertamente Luigi Filippo d'Orléans, genero del re, e chiese alla regina l'allontanamento dei ministri napoletani, nonché la fondazione di una amministrazione siciliana indipendente, dove i baroni potessero avere un ruolo significativo nel governo centrale una volta che Napoli fosse stata riconquistata alle truppe dei napoleonici. Assieme ad altri 43 baroni, il Ventimiglia venne però arrestato la notte tra il 19 ed il 20 luglio del 1811 e con altri tre venne rinchiuso nel castello di San Giacomo a Favignana. L'accusa ufficiale furono una serie di lettere che il governo aveva intercettato, nelle quali il principe dimostrava di avere una corrispondenza col principe ereditario d'Inghilterra, nel quale egli paventava, se necessario, una volontà da parte del popolo siciliano di utilizzare anche le armi contro il governo per far valere i propri diritti, e dove chiedeva un appoggio ufficioso della Gran Bretagna a queste operazioni. Rimase in prigionia, malgrado lo stato di salute precario, sino al 20 gennaio 1812 quando venne liberato per intervento di lord Bentinck.
Da subito il Ventimiglia con altri si adoperarono per la stesura di una prima costituzione siciliana che si rifacesse il più possibile a quella inglese, che rappresentava a sua detta un modello ideale di connubio tra democrazia e monarchia: il risultato fu la Costituzione siciliana del 1812.

Col congresso di Vienna, re Ferdinando tornò al potere ufficialmente anche sul trono siciliano e come risultato il Ventimiglia ed i suoi alleati vennero allontanati dai centri di potere. Nel tentativo estremo di salvare la costituzione siciliana in cui tanto aveva creduto, e per la quale si era battuto per un decennio, si recò a Parigi dove venne ricevuto da Luigi XVIII di Francia che, pur complimentandosi largamente con lui, non si impegnò a fare pressioni al governo borbonico perché riconoscesse delle assicurazioni politiche per la Sicilia e la sua costituzione.

Morì a Parigi, ormai minato irrimediabilmente dalla tisi, nell'ottobre del 1814.







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