Francesco Traina, Vescovo

Uno dei più discussi e controversi esponenti della antica famiglia nobiliare Traina, fu senza dubbio il vescovo Francesco, egli resse la diocesi di Agrigento dal 2 marzo 1627 alla morte avvenuta il 4 ottobre 1651.

Su quest'uomo si è detto e scritto tutto e il contrario di tutto, di lui hanno parlato: Mack Smith, Sciascia, Camilleri e tanti altri... Spesso però se ne è parlato in toni denigratori e con tanti preconcetti; questo post vuole essere un modo per fare luce sulla vera natura del vescovo.



Francesco nacque all'interno di una delle più prestigiose famiglie del XVII sec: i Traina . Era infatti figlio di Arrigo Traina, nobile originario di Troina, fondatore della baronia del Falconiere e della Torretta.
Filippo IV di Spagna 
Fin dall'infanzia, venne destinato alla vita religiosa. Appartenendo a una ricca casata, non gli fu difficile entrare nelle grazie di Filippo IV re di Spagna e di Sicilia. Fu, infatti, il monarca a presentarlo a papa Urbano VIII. Il pontefice, ricevute le dovute garanzie da parte del Re, lo destinò a capo della diocesi agrigentina. La cerimonia si tenne il 4 marzo 1627 nella chiesa dei Frati Riformati di San Francesco di Ripa.
Tutto andò più o meno tranquillo fino ai tumulti anti-spagnoli del maggio 1647. La rivolta, scoppiata in seguito a una forte crisi economica, toccò l'apice con l'insurrezione di Palermo. Da subito si capì che le rivolte si sarebbero allargate a tutta l'isola.
Nel maggio del 1647, l’inasprimento dei problemi legati all’approvvigionamento, il pesante indebitamento della città nei confronti della Regia Corte, per tasse e donativi, e la conseguente grave pressione fiscale alimentò il timore che l’arrivo di notizie relative ai fatti di Palermo, potesse causare disordini proprio nel momento in cui il grano a Girgenti era razionato.
La paura di disordini era aggravata, inoltre, dai già difficili rapporti tra l'autorità ecclesiastica, rappresentata dal vescovo Traina, e quella civile nella persona del sindaco Giuseppe D'Ugo.
Tali tensioni nascondevano i gravi conflitti giurisdizionali tra Chiesa e potere laico che caratterizzavano quel momento storico.

In un primo momento, il vescovo, visto il grande afflusso di popolo dal territorio circostante, fece in modo che la giurazia (l'amministrazione cittadina) emanasse un bando per mantenere stabili i prezzi di grano e il peso del pane. Questo servì ad abbassare le tensioni. Ma nulla pote fermare la rivolta scoppiata l'indomani, infatti, giunta la notizia dell'abolizione delle gabelle ottenuta dai rivoltosi di Palermo, la tensione crebbe nuovamente: il sindaco D'Ugo fu costretto a rifugiarsi nel "caricatore" (I “caricatori” erano magazzini portuali nei quali veniva depositata parte del grano prodotto nel Regno di Sicilia, per garantire tanto l’approvvigionamento delle città quanto le esportazioni), il vescovo invece, spinto dalla "solita pietà pastorale", si recò immediatamente tra i rivoltosi portando con sé il S.S. Sacramento.
Presto si capì che la rivolta era diretta principalmente contro il D’Ugo e su quanti si opponevano al vescovo e ai giurati, sostenitori di una parziale abolizione delle gabelle in particolare di quella sul raccolto.
Lo scontro presto coinvolse anche il prelato, quand'egli al cospetto dei giurati e del capitano d’armi, dichiarò di rifiutarsi di continuare a versare la somma consueta per il «servitio di Sua Maestà, per agiustare questo populo», e, dunque, di contribuire alle esigenze della città; venne meno così la sua alleanza col “popolo”.

Ci sarebbe tanto altro da dire sul vescovo Traina, ma per il momento ci fermiamo qui. Chiudo dicendo soltanto che il suo vescovado nella diocesi agrigentina duro fino alla morte avvenuta il 4 ottobre 1651. Venne sepolto all'interno della Cattedrale metropolitana di San Gerlando dove tutt'oggi riposa.

Ho scelto di accennare la biografia del vescovo Traina perché è un ottimo affresco dei rapporti tra autorità religiosa, popolo e autorità civile nel XVII sec.




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