Pani ca' meusa

Cari amici, oggi scopriremo le origini del principe dello street food siciliano: il pani ca' meusa (pane con la milza).

Cominciamo con la milza: la milza è un lascito degli ebrei che vivevano a Palermo nel quartiere della Meschita e macellavano le carni col metodo kasher. Non potendo, per una serie di divieti, ricevere denaro in pagamento, gli ebrei venivano stipendiati con le frattaglie di animali. Una volta sbollentate, quelle interiora venivano rivendute ai palermitani che cominciarono ad apprezzarle. Nel 1492, per ordine di Ferdinando il Cattolico, in base all'editto voluto dall'inquisitore Torquemada, gli ebrei vennero espulsi dai territori dell'impero spagnolo, Sicilia compresa. L'uso di cucinare milza e frattaglie passò allora ai cosiddetti cacciuri palermitani che, in un calderone pieno di sugna bollente friggevano milza, trachea, polmone e ricotta.
Riguardo il pane, si tratta di mafalde da non confondere con quelle che tutti noi possiamo comprare al panificio. Era una produzione speciale di un tipo di pane unico: un taglio più piccolo rispetto al"quarto di chilo", lievitato un po' meno per assorbire poco. Sette pani pesavano un chilo. L'unità di misura era il "mezzo pane", quello che era anche più comodo da maneggiare. 
Nacquero in quel periodo le scuole di pensiero sull'interpretazione dei termini schietta e maritata. Molti hanno sostenuto che schietta, ovvero nubile, è la focaccia senza ricotta, maritata   l'altra, perché la ricotta o, a seconda dei gusti, il formaggio sono come l'abito nuziale, c'è però un'interpretazione capovolta: schietta è la focaccia piena solo di ricotta ripassata nella saime (lo strutto), maritata è quella dove c'è la milza (cioè la "carne", la sostanza).

Commenti

Post popolari in questo blog

Laura Sciascia

Madonna del Rosario

I Ventimiglia