Belmonte e il Fascismo


Anche a Belmonte Mezzagno, come a tutti gli altri comuni italiani, toccò subire le barbarie del fascismo.
Tutti i settori della vita sociale erano sotto rigido controllo da parte del regime, gioventù compresa, infatti, fin dalla più tenera età gli italiani venivano inquadrati in formazioni facenti parte dell'Opera Nazionale Balilla, che si occupava dell'educazione della prima infanzia. I piccoli belmontesi, come i loro coetanei di tutta la penisola, venivano, come detto, inquadrati in varie formazioni giovanili.
I maschi venivano suddivisi in:
figli della lupa: dai 6 agli 8 anni;
balilla: dagli 8 ai 14 anni (escursionisti fino ai 12 anni, poi moschettieri);
avanguardisti: dai 14 ai 18 anni (moschettieri fino ai 16 anni, poi mitraglieri).
Le femmine in:
figlie della lupa: dai 6 agli 8 anni;
piccole italiane: dagli 8 ai 13 anni;
giovani italiane: dai 13 ai 18 anni.
Dopo l'iscrizione, ai bambini veniva consegnata una tessera in cui si dichiarava la formazione di appartenenza del bambino, con l'aggiunta di questa sconcertante dichiarazione:
Nel nome di Dio e dell'Italia giuro di eseguire gli ordini del Duce e di servire con tutte le mie forze e se necessario col mio sangue la causa della rivoluzione fascista”.
Oltre a questo, a far vivere nell'ansia e nella paura i piccoli belmontesi, vi erano i manifesti affissi nelle mura delle scuole, con scritte del tipo: “Vivere pericolosamente”; “Meglio un giorno da leoni che cento da pecoroni”; “Tacete! Il nemico vi ascolta”.
Anche Belmonte fu costretta a partecipare alla campagna “Oro alla Patria”, tale iniziativa consisteva nella raccolta di oro e argento su tutto il territorio nazionale, compreso ciò che stava più a cuore al popolo, ovvero le proprie fedi nuziali. Ciò avvenne come risposta alle sanzioni imposte dalla Società delle Nazioni, in seguito all'invasione dell'Etiopia da parte dell'Italia. Tale raccolta avvenne non solo per riuscire a pagare le sanzioni, ma anche per stigmatizzare tali sanzioni.
A Belmonte venne istituita una commissione presieduta dal podestà, di cui facevano parte anche quattro compaesani, con il compito di raccogliere l'oro casa per casa. I preziosi venivano raccolti in delle brocche di vetro.
In totale su tutto il territorio italiano vennero raccolte:
37 tonnellate d'oro e 115 di argento che furono inviate alla Zecca dello Stato come patrimonio nazionale.
Le cose si complicarono con l'inizio della guerra quando venne imposto il razionamento dei generi alimentari, per fare ciò fu dichiarato l'obbligo di consegnare tutto il raccolto alle autorità fasciste che avrebbero regolato al meglio, secondo loro, la ripartizione degli alimenti: 150g.di pane al giorno,due chili di pasta al mese e per consolazione due sigarette al giorno.
Il razionamento venne regolato dalle tessere annonarie (“u pani a tessera”), in pratica si trattava di rettangoli colorati distribuiti ogni due mesi dai municipi. Il venditore staccava dalla tessera un cedolino apponendogli la propria firma. Successivamente, in date stabilite e facendo lunghe code, il cliente poteva ritirare i prodotti spettanti.
Per aggirare il controllo del regime, i belmontesi, nascondevano parte del raccolto in piccoli nascondigli sotterranei o nei solai delle abitazioni. Quando venivano scoperti, i beni nascosti venivano sequestrati.
A tutto questo, a non far stare bene i belmontesi, si aggiungeva la paura causata dai colpi di artiglieria sparati verso gli aerei alleati dai militari presenti in vari fortini nelle cime intorno a Belmonte. Inoltre, va aggiunto che alcune bombe sganciate esplosero vicinissime al centro abitato, altre rimaste inesplose vennero fatte saltare dagli artificieri alla fine del conflitto e di altre ancora alcune schegge causarono dei ferimenti ad alcuni abitanti del paese. A completare il tutto, vi era il terrore quando sentivano i fischi delle bombe alleate che piovevano su Palermo.
Tutto questo finì con lo sbarco alleato avvenuto con l'operazione Husky del 9 luglio 1943, gli americani giunsero fino a Belmonte riempiendo tutta la piazza con i loro mezzi, cominciando a distribuire caramelle e dolciumi ai bambini e, tra l'altro dando modo ai belmontesi che erano stati in america, di dare mostra della loro conoscenza dell'inglese. Il mio bisnonno Damiano diceva alle sue figlie di chiedere agli americani: Do you like drink wine?


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