Padre di famiglia; capitolo 2





“Fu una bella serata, io all’inizio non lo riconobbi perché lo conoscevo per Franco, mi disse Francesco; non era facile ricordare dopo 40 anni!” 
“Avrebbero dovuto dargli una medaglia al valore!” esclamò Jenny. 
“Minimo!” riprese il Sergente, “se sapeste quello che ha passato nella vita, ne sareste ancora più convinte.” 
“Raccontaci nonno!” 
“Come volete… Tutto ebbe inizio quella notte del ’41. Nicola il campiere aveva un fratello più grande rimasto scapolo. Viveva in una piccola casa di fronte a quella del fratello, nella parte bassa della collina…” 
“Scusa nonno, chi sono questi?” chiese Mary, interrompendo l’anziano. 
“Ora ci arriviamo, se mi dai il tempo!” rispose il nonno un po’ spazientito, e riprese. “Il campiere, quella sera, passò dal fratello per salutarlo. Lo faceva tutte le sere. Da quando la madre era morta lasciando Gianni da solo, in Nicola l’amore per il fratello era aumentato molto; gli era vicino in tutte le necessità. 
“Era una notte di luna piena, Nicola se ne accorse salendo la scala esterna per rientrare dalla moglie, dai due figli maschi e dall’unica femmina. Dopo aver mangiato si stava preparando per coricarsi, quando sentì strani rumori provenienti dal recinto sulla collina. Siccome quella notte non era come tutte le altre, si mise subito in allarme. 
“Quella mattina i fratelli avevano separato dalla mandria di cinquanta capi di bovini e duecento pecore tutti i vitelli e gli agnelli dell’anno; l’indomani da Palermo sarebbero arrivati i macellai della città a portarli via. Ogni anno salivano a Belmonte per comprare i migliori vitelli e agnelli del paese da allevatori conosciuti e di fiducia; i fratelli Pantuso erano tra questi. 
“Insospettito, Nicola prese il fucile ed uscì. Quatto quatto, risalì la collina e intravide due uomini che si muovevano intorno al recinto. Messosi a terra per nascondersi in una cunetta, guardò bene, e notò che i due avevano tagliato la recinzione e stavano caricando gli agnelli su un carretto. Nicola impugnò il fucile, si alzò e fece fuoco mirando al mulo; l’animale, colpito al ventre, stramazzò a terra. 
«Disgraziati!» gridò. 
“Mentre ricaricava il fucile, i due lasciarono gli agnelli per darsi alla fuga. Il campiere sparò di nuovo e colpì di striscio uno dei ladri alla gamba sinistra. Allo sparo, i vitelli cominciarono a premere sul cancelletto, la loro pressione fece saltare il chiavistello; le bestie, vedendo via libera, si precipitarono giù per la discesa. 
“Sentiti gli spari, Gianni si precipitò fuori… Non ebbe nemmeno il tempo di girarsi verso la cima della collina che trenta vitelli di quasi mezza tonnellata ciascuno furono sopra di lui. Dalla collina Nicola capì tutto. 
«Gianni, Gianni!» gridava, correndo lungo la discesa con il cuore in gola. 
“Arrivato dal fratello, sconvolto si inginocchiò accanto a lui; aveva il cranio sfondato e il corpo completamente tumefatto. 
«Assassini maledetti!» urlava piangendo. D’improvviso, il dolore divenne rancore; cominciò a risalire la collina, sperando, dall’alto, di poter vedere i fuggiaschi. Nulla, scomparvero. Avvicinatosi al mulo, che ancora rantolava, riconobbe subito il carretto di Franco e il suo animale. Deciso ad acciuffarlo, si mise in groppa alla giumenta e la lanciò al galoppo verso il paese."

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