Padre di famiglia; capitolo 3




“Papà, ma come fai a sapere queste cose?” 
“Ah! Non te l’ho ancora detto. Ricordi che ogni tanto arrivava una lettera da parte sua?” “Ora che ci penso, si!” 
“Avevamo instaurato un forte rapporto epistolare. Guarda qui!” esclamò aprendo il cassetto dello scrittoio. Era pieno di buste un po’ ingiallite. 
“Scusa nonno, poi quella notte com’è finita?” 
“Si Mary! Allora, dove eravamo rimasti? Ci sono: quella notte Franco aveva deciso di passarla nella stalla. Aveva una mucca che quella notte avrebbe sgravato, lui era sicuro di questo. Entrando andò subito a sistemarsi nelle vacche, sfortunatamente non diede neanche uno sguardo nell’antro dove teneva il mulo ed il carretto. 
“Nicola, giunto in paese, si diresse alla stazione dei carabinieri. Chiese due appuntati, i campieri si consideravano ed erano considerati al pari dei gendarmi, e andò a casa di Franco. 
«Aprite o sfondiamo la porta!» gridò l’appuntato dando forti colpi alla porta. 
«Arrivo!» rispose il suocero di Franco, Ludovico, alzandosi dal letto e correndo ad aprire. Franco, quando la moglie era in vita, viveva già al primo piano della piccola casa dei suoceri. Morendo Caterina, aveva deciso di rimanere lì per non far passare a Stefania – la figlia di tredici anni – ulteriori traumi. 
«Apri Ludovì!» ribattè Nicola, già impazientito per l’attesa. 
«Che è questo baccano? chiese Ludovico aprendo. 
«Dov’è tuo genero?» 
«Qui non c’è!» 
«Ti ho detto dov’è!» 
«Non lo so!» 
«Vabbè, contento tu!» Detto questo, Nicola lo spinse dentro ed entrò cominciando a perquisire la casa. 
Nitto – fratello di Franco, che abitava di fronte – sentendo il frastuono, uscì di casa e si precipitò dagli appuntati davanti casa di Ludovico: «Allora, cos’è sto macello?». 
«Senta, si calmi! Lei chi è?». 
«Sono Benedetto Venuti!» 
«Parente di Venuti Francesco?» 
«È mio fratello! Perché?» 
«Dov’è?» 
«Non c’è! Mi dica subito che volete da lui!» 
«Non sa cos’è successo in contrada Santa Caterina?» 
«No!» 
«Allora glielo dico io. Suo fratello, con un compare suo, è andato a rubare gli agnelli del campiere; nella concitazione sono scappati i vitelli e hanno ucciso Gianni, fratello del campiere. Furto e omicidio colposo, se lo prendiamo suo fratello non esce più!» disse in un modo sarcastico l’appuntato. 
«Voi siete pazzi. Nicola esci!» gridò Nitto cercando di entrare, prima di venir fermato dagli appuntati. 
Subito gli venne un’idea. Entrò in casa e chiamò il figlio di nove anni: 
«Corrado! Corrado!». 
«Dimmi papà!» esclamò il piccolo, che sentendo quei rumori – nonostante fossero le due di notte – si era svegliato, e dalla finestra aveva visto tutto. 
«Vai allo stallone e gli dici allo zio…» abbassando la voce gli diede le indicazioni. 
“Franco si meravigliò vedendo entrare Corrado nella stalla, e lo stupore aumentò quando il ragazzino cominciò a parlare: «È venuto… è venuto… il campiere…» Corrado balbettava perché aveva corso tanto. Dopo aver ripreso fiato, ricominciò «Nicola il campiere a cercarvi a casa…» 
«Che voleva?» 
«Dice che mentre rubavate i suoi agnelli, non ho capito come secondo lui avreste fatto, avete ucciso suo fratello.» 
«Io? Non è vero! Ma lui è impazzito.» 
«Mio padre lo ha detto alle guardie, ma non lo credono!» 
«Che faccio adesso?» cominciò a chiedersi, girando per la stalla. 
«Mio padre mi ha detto di dirvi di riparare stanotte ai Chiavelli1 da zio Simone, lui vi aiuterà!» 
«Buona idea! Farò cosi» detto questo, si avvicinò alla loggia del mulo per fuggire con lui; con somma sorpresa scoprì che non c’erano né il mulo né il carretto. Vedendo ciò, capì di essere stato circuìto, e intuendo che sarebbe passato molto tempo prima di rientrare a casa, disse al nipote: «Corrà, ascolta bene quello che ti dico!». 
«Mi dica zio!» 
«Devi dire a Stefania che le voglio un gran bene e tornerò presto, e che di qualunque cosa mi accuseranno non dovrà credere niente, non ho fatto niente!»

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