Adelasia del Vasto, la regina madre del regno


Adelasia del Vasto (preferisco la forma lombarda e più dif- fusa in Sicilia del nome all’araldico e germanico Adelaide), nipote del “potente marchese d’Italia” Bonifacio del Monferrato, di stirpe aleramica sposò Ruggero d’Altavilla, il “Gran Conte”, conquistatore della Sicilia, nel 1089: Ruggero era già cinquantenne ed al terzo matrimonio, Adelasia molto giovane, poco più che quindicenne. Goffredo Malaterra, il narratore delle gesta di Ruggero, descrive la sposa come una giovinetta di aspetto gradevole, honestae faciei: niente di più. Ben diversamente aveva parlato della bellezza della prima moglie di Ruggero, Giuditta di Évreux, dell’impazienza con cui era atte- sa dallo sposo, e della lunga luna di miele seguita alle nozze. Sembrerebbe dunque che Adelasia non fosse particolarmente affascinante. Ruggero aveva già un decina di figli, tra cui due maschi: ma i figli, per chi si accinge a fondare una dinastia, non sono mai abbastanza. Morti infatti i due maschi, l’annuncio di una gravidanza di Adelasia fu accolto con grande trepidazione: Malaterra abbandona la prosa per cantare in versi le preghiere dei coniugi per avere un erede maschio, e infine la contentezza delle ostetriche appena si intravede il sesso del nascituro, la madre che dimentica i dolori del parto, e l’immensa gioia del padre. Dopo questo maschio, Simone, Adelasia partorirà Ruggero, destinato a diventare uno dei più grandi sovrani del suo tempo. Il suo corpo compie dunque con pieno successo il suo dovere dinastico: ma nella maturità le riserverà una cocente umiliazione e una ferita mortale. 
Rimasta vedova dopo dodici anni di matrimonio, Adelasia gestì con sagacia ed energia la reggenza per Simone e, dopo la morte di questi, per Ruggero. Nel 1112, compiuto l’ultimo atto da reggente, si decise ad accettare la proposta di matrimonio di Baldovino di Fiandra, re di Gerusalemme, per la verità già sposato con una principessa armena ma in attesa di annulla- mento, attratto dalla ricca dote di Adelasia, che negli anni della reggenza si diceva avesse accumulato un notevole patrimonio personale. Adelasia era ancora giovane, gli anni di governo l’avevano abituata all’esercizio del potere, una potente addizione; e la clausola per cui se dal matrimonio non fossero nati figli il regno di Gerusalemme sarebbe andato a Ruggero allettava madre e figlio. L’arrivo di Adelasia a S. Giovanni d’Acri, su una nave sontuosa e accompagnata da una flottiglia carica di viveri e d’armi fu spettacolare, e l’accoglienza dello sposo e della popolazione entusiastica. La dote della nuova moglie fu prontamente utilizzata da Baldovino per recuperare un po’ di credito presso sudditi e alleati. Nel 1117, dopo aver consumato la dote, sotto le pressioni del patriarca Arnolfo e forse anche in seguito ad una grave malattia, gli scrupoli di Baldovino per il ripudio della prima si aggravarono, e un sinodo decretò nullo il matrimonio. Il 13 aprile Adelasia tornava a imbarcarsi per la Sicilia. Nell’analizzare le cause che hanno provocato la repen- tina decisione del ripudio nessuno ha pensato ad un fatto più che probabile, e cioè che Adelasia fosse entrata in menopausa. La malattia di Baldovino, la fine dell’età fertile per Adelasia rendevano improvvisamente concreta, quasi tangibile, l’ipotesi di Ruggero d’Altavilla re di Gerusalemme: da qui il giro di vite nelle pressioni del papato e il ripudio. Per Adelasia al trauma biologico della perdita della fertilità, comune a tutte le donne, si univa l’umiliazione storica del ripudio per sterilità, subita da tante regine (ultima, Soraya Esfandiari) e la frustrazione del fallimento di un progetto politico che insieme a lei mortificava suo figlio. Un anno dopo il rientro in Sicilia moriva, a Patti, dopo lunghe sofferenze. 
Al suo esordio nell’effimero ruolo di regina di Gerusalemme risale anche l’unico momento dell’esistenza di Adelasia in cui si presenta come un’icona della ricchezza e del potere conquistati insieme al marito e trasmessi al figlio: gli anni precedenti erano troppo occupati dalla costruzione per pensare alla rappresentazione. Ma il globo d’oro che splende sulla nave da cui sbarca ad Acri non abbaglia né i suoi nuovi sudditi né tantomeno suo marito, più interessati all’oro nascosto nella stiva che a quello esibito sul ponte. 
Una scena dell’Enrico V di Shakespeare mostra Caterina di Valois, figlia del re di Francia Carlo VI, che apprende da una delle sue dame le prime parole di inglese nel momento in cui si sta per concludere il trattato che sancisce la sconfitta della Francia e il suo matrimonio col sovrano inglese. Shakespeare mette in scena la giovane donna che si trapianta in un paese non suo, di cui deve rapidamente assorbire lingua, leggi, costumi, senza dimenticare lingua cultura e tradizioni del suo paese d’origine. Straniera in Sicilia Adelasia lo è sicuramente: ma straniero è anche suo marito (la conquista della Sicilia sarà completata solo nel 1091), e il paese conquistato è un paese complesso, con lingue, religioni, costumi e leggi diverse. Il nuovo matrimonio del conquistatore, che si moltiplicava con altri tre matrimoni tra una figlia e due figli di Ruggero e un fratello e due sorelle di Adelasia, corona l’unione delle forze d’occupazione normanne con un’altra incipiente occupazione, quella vivace e agguerrita dei migranti “lombardi”, che si stan- ziano soprattutto nella parte centrale dell’isola, a Butera, Caltagirone, Enna, Piazza Armerina, Nicosia, Aidone, S. Fratello, Randazzo. Il loro ruolo è decisivo nella rapida latinizzazione del regno. 
Quando parliamo di una regina come moglie, è ovvio che non intendiamo parlare del rapporto affettivo, personale tra i coniugi, ma dell’affiatamento della coppia in una comune azione politica. Dalla piena riuscita del piano politico è chiaro che il matrimonio di Ruggero e Adelasia fu felice: la giovane sposa, inoltre, crebbe e si formò accanto all’anziano marito, e si trovò dunque ad affrontare gli anni della reggenza in piena conoscenza dei problemi e degli strumenti di governo. La consapevolezza della fragilità del governo di una donna la spin- geva ad essere ferma, a volte dura: «infrangeva i suoi nemici come stoviglie» dice il cronista Orderico Vitale, camuffando la sua politica in scène de ménage, secondo il consueto stereotipo maschilista. 
Durante la reggenza di Adelasia il centro del potere della contea si trasferì da Mileto a Messina. Ma l’ultimo atto di Ade- laide reggente, insieme al figlio, si svolge a Palermo, in talamo superioris castri: per la prima volta si parla di un luogo dove il potere degli Altavilla possa essere rappresentato. Si apre il sipario sul palcoscenico di Palermo, comincia il prologo del grande spettacolo del regno di Sicilia. 
Donna di potere abile ed energica, preziosa collaboratrice per il marito, sapiente tessitrice del futuro del figlio, don- na profondamente umiliata. Ma il ricordo di Adelasia è legato 
soprattutto ad un foglio di carta: in origine piuttosto grande, 40x50 cm, ormai ridotto in brandelli, scritto in greco e in arabo, è considerato il più antico documento cartaceo d’Europa, ed è la concreta immagine della singolarità e della fragilità di quel regno che Adelasia contribuì a creare ma di cui non portò mai la corona.

Da:"Tutte le donne del reame" di Laura Sciascia.

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