Rivolte d'amore; capitolo 9
In
quell'estate 1867 Stefano decise di portare con lui il figlio
Antonino di ormai sei anni, per fargli scoprire i lavori che la sua
famiglia praticava. Cominciò con la pisatina, lo
condusse all'aria – ampio spiazzo dove avveniva l'operazione
– e lo sedette su una roccia nella parte alta da dove poteva mirare
il tutto: suo padre con gli zii che pestavano i regni con dei
lunghi bastoni in modo che il grano si staccasse dalla spiga; fatto
ciò, si girarono di modo che un alito di vento passasse davanti a
loro e con l'aiuto dei bastoni tirarono in aria le spighe. Al piccolo
Antonino sembrò magia vedere il grano rimanere a terra e la paglia –
il gambo della spiga – volare via.
“Mamma...
bellissimo è stato! Volava la paglia...” raccontò entusiasta il
piccolo la sera a Rebecca.
“Domani
davvero con te lo porti?” chiese Rebecca a Stefano.
“Sì,
deve capire un po'...” rispose, e rivolto al figlio chiese:
“Ninuzzo domani ci vieni con me?”
“Certo
papà... mi piacerà, assai mi piacerà...”
L'indomani
all'alba, Stefano salì in groppa alla giumenta saura, mise il
piccolo davanti a lui e partì. Il viaggio verso la Cannavata
era molto lungo...
Come
ad ogni estate, i Cascio portarono le proprie pecore lì, perché era
molto più in alto rispetto a Belmonte, e quindi i pascoli erano
assicurati. Lì, ogni anno ritrovavano tutti i pastori della zona con
le loro greggi e con loro condividevano tutto.
La
transumanza dei Cascio era avvenuta qualche giorno prima, adesso,
quando tutto era ormai sistemato, dopo quattro ore di cammino arrivò
Stefano con Ninuzzo. Nonno Nino, Titta e Matteo furono felicissimi di
accogliere il loro amato nipotino.
Lì,
la giornata cominciava molto presto: all'alba si mungevano le pecore:
il curatolo rimaneva nell'ovile a fare il frutto –
formaggio e a seguire ricotta – i pastori invece uscivano al
pascolo con le greggi; intorno a mezzogiorno, col sole che picchiava
forte, le si portavano all'abbeveratoio. Verso le quattro del
pomeriggio, si ritornava all'ovile; si mungeva di nuovo ed il
curatolo ripeteva la sua opera, prodigiosa agli occhi di
Ninuzzo: quel formaggio che col caglio dal latte nasceva, rimaneva
inspiegabile agli occhi del piccolo. Tolto il cacio dal calderone, lo
si metteva nelle fascelle e lì prendeva forma. Fatto questo –
tenendo la fiamma sempre viva – dal siero rimasto, la ricotta
usciva fuori. Bellissimo per Nino cenare con la zabbinata:
ricotta col siero e pane.
Tornarono
a casa dopo un mese, e la trovarono in subbuglio...
“Devi
prendertelo ti ho detto!...” urlava nonno Nino alla figlia Rosa.
“No,
non lo voglio e basta!...” gridava lei.
“Ma
perché? ha pure il terreno a limite...”
“Che
succede padre?” domandò Stefano, vedendolo inferocito.
“Nemmeno
a questo vuole!...”
“Ma
a questo chi?... fatemi capire...” chiese nuovamente.
“E'
venuto Giorgio Giordano per tua sorella, lo sai chi è... quello che
ha il terreno al Savuco
accanto al nostro; gli avevo detto che andava bene, arrivo da lei è
non le nostra bene neanche questo... E' il terzo che si propone, già
due volte è capitato... Come devo fare? Come?...”
“Non
lo voglio e basta!...” gridò lei, scappando su per le scale.
“Tu
mi farai morire di crepacuore... te lo dico io!...” urlava Nino,
nel delirio più totale.
Rebecca
era sicura che la cognata dopo quella vociata con suo padre sarebbe
corsa da lei, tante volte era già successo: quando aveva
incomprensioni con i suoi genitori o problemi che non voleva
raccontare loro, Rosa correva sempre da lei.
“Che
c'è Rosa?” chiese, vedendola agitatissima.
“Un
altro matrimonio, no ne posso più... mio padre mi soffoca...”
“Cara
Rosa, ma è normale che tuo padre voglia che tu ti sistemi, per
questo cerca un uomo per te...”
“E
va bene... a te non posso mentire...” cominciò a dire Rosa, “la
verità è che non voglio sposarmi perché già lo sono.”
“Ma
che dici, ma sei impazzita?” chiese sconvolta Rebecca.
“No,
non sono impazzita... sono sposata con lui” disse indicando il
Crocifisso appeso al muro.
“Ma
che stai dicendo?...” ribatté la cognata quasi svenendo su una
sedia.
“Da
qualche anno mi è presa un'inquietudine, qualcosa da non dormire la
notte, soltanto in preghiera si attenuava. Ho pregato, pregato tanto
affinché Cristo mi aiutasse a capire cosa mi stesse accadendo;
qualche settimana fa, nel mio cuore ho capito cosa fosse quella
strana inquietudine. Era bisogno di essere solo sua e di nessun
altro, nessun uomo può darmi quello di cui ho bisogno; mio padre può
smetterla di cercare. Voglio essere strumento nelle mani di Dio. Non
mi sposerò mai!”
“...
e benedicta fructurs ventri tui Jesus...”
“Sancta
Maria, mater Dei ora pro nobis peccatoribus...”
Da
febbraio non pioveva e adesso a ottobre quasi terminato i campi erano
aridi, si rischiava una vera carestia, questo spinse le pie donne –
vedendo i padri ed i mariti disperati dalla mancanza di
precipitazione piovose – a chiedere al Reverendo di portare il
Tabernacolo in processione tra i campi. Appena usciti dalla Chiesa
padre Angelo cominciò, con il popolo belmontese, la recita del Santo
Rosario.
La
processione scese verso la Chianotta
procedendo nei
violi, risalì
verso Santa Caterina
e scendendo per
Pitazzo
giunse in piazza e rientro in Chiesa...
“Benedicta
vos onnipotent Dei... Pater, Filius et Spiritui Sanctu...” chiuse
padre Angelo.
“Amen!”
concluse la folla.
Dopo
due giorni, all'alba della festa d'Ognissanti, cominciò a piovere
non cessando prima di un mese.
Quella
mattina Rebecca, uscendo di casa con la suocera, le due figlie e la
cognata Rosa per andare a messa, vide due occhi che da una
porta-finestra la guardavano, la persona nascosta, accortasi di
questo, chiuse subito l'anta.
Sedutasi
nel banco, sentì arrivare un'attempata signora di gran corsa pochi
secondi prima che cominciasse la celebrazione. Riflettendo, ricordò
che la scena del ritardo si ripeteva quasi tutti i giorni, questo la
insospettì, pensò subito di parlarne con mamma Giuseppa ma per
quella volta no ne fece parola.
Quella
scena andava avanti ogni mattina; Rebecca non poteva sapere che
durava da anni e anni. Comunque un giorno ne parlò con la suocera:
“Mama, hai notato quella signora che ogni giorno arriva in
Chiesa all'ultimo minuto?”
“Chi...
Mimma? Ma quella sono anni e anni che fa così...”
“Uhm...
mi sono accorta che ogni mattina ci scruta dalla porta... ma che ha
da guardare?”
“Vero
dici?... non ci ho fatto mai caso... Non saprei... Però potrei
chiedere a Franca, Mimma è cugina di suo marito... ”
“Se
puoi fallo, voglio proprio sapere cosa ha da guardare...”
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