Rivolte d'amore; epilogo
Tornata
a casa, Rebecca non riusciva a vincere la tristezza: aveva perso suo
padre e in qualche modo sentiva di aver perso anche la figura
materna. Si sentì terribilmente sola. Ma non aveva fatto i conti con
il destino...
Nelle
ore della veglia al corpo di suo padre, in casa Cascio arrivarono
notizie sconvolgenti. Giuseppa ricevette la visita della figlia
Franca che recava notizie sulla cognata Mimma.
“Mamma,
ho parlato con mia cognata per quel fatto che mi hai raccontato di
Rebecca...”
“Davvero!
E cosa ti ha detto?”
“Ah
non lo immagini! Ti ricordi che una ventina d'anni fa...”
Giuseppa
dovette aspettare una settimana per parlarne con la giovane nuora,
prima fu impossibile, Rebecca era troppo triste, inconsolabile.
“Rebecca,
devo parlarti...” disse quel giorno Giuseppa alla nuora. “Avrei
voluto dirtelo prima ma eri troppo triste per potermi ascoltare.”
“Dimmi
mamma, cosa c'è?”
“Prima
siediti però...”
“Tranquilla,
puoi parlare...”
“No
no, siediti che meglio.”
Sedutasi
Rebecca, Giuseppa ricominciò a parlare: “Devi sapere, che circa
vent'anni fa, una forte carestia colpì Belmonte: piovve pochissimo
durante l'inverno e a questo si aggiunse un attacco di colera che
decimò le nostre famiglie. In una di queste, uccise il marito pochi
giorni prima che la moglie partorisse il suo sesto figlio: la tanto
attesa figlia femmina...”
“Sì,
ma cosa c'entra con quella che guardava!” esclamò Rebecca,
alquanto impazientita.
“Se
mi fai parlare ci arriviamo. Dicevo, perso il marito, la vedova non
aveva alcuna risorsa per sfamare la figlia appena nata. Non si seppe
mai cosa successe, sta di fatto, che la bambina da un giorno
all'altro scomparve dalle braccia della madre...”
“Perché
mi racconti questa storia, e poi la signora Mimma cosa c'entra?”
“C'entra
che è lei quella vedova!” rispose Giuseppa, urtata dall'ennesima
interruzione. “Fammi finire... Come ti dicevo, Mimma non ebbe mai
più notizie di sua figlia... Da quando sei arrivata in paese,
vedendoti tutti i giorni in chiesa, si è fatta persuasa che sua
figlia sei tu...”
“Io?..,
ma questa è pazza!..,” esclamò Rebecca, sbalordita da quelle
ultime parole.
“Franca
glielo ha detto che non puoi essere tu, ma lei ha insistito dicendo
che lei si arrenderà soltanto quando avrà avuto una certezza...”
continuò Giuseppa.
“Che
certezza?... Cosa vuole da me?...”
“Vuole
essere certa che tu non abbia tre nei sulla scapola destra, tre
piccoli nei in linea dritta vicino all'attaccatura del braccio...”
“Non
ho nessun neo nella scapola!”
“Franca
glielo ha già detto che non ne hai ma lei non ci crede...”
“Se
vuole crederci ci creda, è la verità. Che adesso non mi guardi più
però...”
Quella
sera, prima di coricarsi, Rebecca alzò la manica della sottoveste e
guardò la sua scapola destra e vide. Nonostante aveva già visto,
prese lo specchietto e guardò meglio: aveva visto e stava guardando
i tre nei che da sempre aveva nella scapola destra.
Coricatasi,
non riuscì a prendere sonno: pensava e ripensava a quanto raccontato
dalla suocera, a quei nei. Tutta la sua vita gli passava e ripassava
davanti.
Stefano
sentendola girarsi e rigirarsi nel letto, le chiese cosa avesse.
Rebecca, tremante d'angoscia e di paura, gli disse del racconto che
la suocera le aveva narrato, di quegli strani nei e di tutti i dubbi
che in lei quei racconti avevano creato. Quando da piccola chiedeva
alla madre di quei nei, lei sviava l'argomento; quando le chiedeva
perché non avesse un fratello o una sorella, non le dava nemmeno
retta.
Stefano
non condivideva i dubbi della moglie, per lui era tutta una
coincidenza; ma vedendo l'angoscia negli occhi di Rebecca, le
consiglio, per fugare ogni dubbio, di andare a Palermo a chiedere
numi a suor Annunziata. Se tutta quella storia era vera, Nunzia
doveva saperne per forza qualcosa.
A
Rebecca l'idea sembro buona; quella mattina, con la scusa che le
mancava tanto la sua vecchia bambinaia, in compagnia della cognata
Rosa, partì alla volta di Palermo.
Arrivate
al convento delle colleggine, furono accolte dalla suora guardiana
nell'ampio scalone.
“Che
volete care figlie?” chiese loro la religiosa.
“Vorrei
parlare con suor Maria Annunziata” rispose Rebecca.
“Va
bene, vado al piano di sopra a chiamarla. Aspettate qui.”
Qualche
minuto dopo, tornò dicendo: “suor Annunziata aspetta in
parlatorio, ma soltanto una alla volta potete salire”.
“Andro
io!” rispose Rebecca.
“Allora
seguimi che ti accompagno.”
“Scusi
sorella, dov'è la cappella?” chiese Rosa, prima che andassero via.
“Da
dietro quella porta vi si accede” rispose la suora indicando un
ingresso in fondo.
“Grazie
sorella, andrò un po' a pregare.”
Rebecca
seguendo la religiosa giunse nel parlatorio. Lì trovo l'abbraccio
materno di suor Annunziata, la giovane sentendo quell'affetto non
riuscì a trattenere qualche lacrima. Sciolto l'abbraccio, la suora
scherzosamente chiese: “A che devo che la mia signora venga a me?”
“Cara
Nunzia” l'essere sola con lei le rese impossibile chiamarla in
altro modo,”sono reduce da una notte insonne.”
“Perché
cara figlia?”
“Perché
i nodi sono venuti al pettine!...” rispose Rebecca.
“Che
vuoi dire?...”
“Voglio
dire che i dubbi che quei nei mi hanno da sempre suscitato non erano
forse del tutto infondati...”
“Ancora
questa storia, ti ho già detto mille volte che non sono niente di
particolare... tantissime persone li hanno...”
“Lo
so, ma al paese c'è una donna che giura che sua figlia ne aveva tre
identici...”
“Vedi
che ce ne sono tanti che li hanno, come ti ho sempre detto...”
osservò la suora.
“Allora
mi sa che non ci siamo capiti!” replicò la giovane, che cominciava
ad innervosirsi, “sempre quella donna dice che più di vent'anni
fa, a causa della povertà e delle disgrazie che l'avevano colpita, è
stata costretta ad abbandonare sua figlia...”
“ E
allora? Perché mi racconti questi?...” chiese suor Annunziata.
“Ah
fai finta di niente!... Va bene fai come vuoi... Io continuo lo
stesso. Sempre quella donna sostiene che sua figlia sia io... Tu che
mi dici adesso?...”
La
religiosa rimase immobile... senza parole... Aveva capito che tutto
era finito, il segreto era stato svelato. Era sicura che prima o poi
Rebecca l'avrebbe scoperto, ma non immaginava certo in quel modo.
“E'
vero!...” esclamò suor Annunziata, dopo il blocco iniziale.
“Vero
cosa?... vero cosa?... perché me lo dici solo adesso?...” replicò
urlando ferocemente Rebecca.
“L'avevo
promesso a tuo padre...”
“Ma
cosa dici?... mi hai tradito!...” riprese la giovane, ormai in
preda alla ferocia, “dimmi tutto subito! Adesso!...”
“Va
bene ti dirò tutto, però calmati... siediti che ti spiego.”
Rebecca,
col volto in fiamme per l'agitazione, nonostante il suo animo
bruciasse, si sedette ad ascoltare.
“I
tuoi genitori si amavano tanto ma il fatto che non arrivassero figli
li faceva soffrire, specialmente a tuo padre. Questo pensiero li
assillava, non gli dava pace; tanto da confidarlo al capo dei
giardinieri che si occupavano della villa della Bagheria. Quest'uomo
si commosse nel sentire la pena che pesava nell'animo del conte e
promise a lui che avrebbe trovato un modo per aiutarlo... e lo trovo
davvero: una mattina di luglio, prese tuo padre in disparte in
giardino e gli disse che al suo paese, Belmonte Mezzagno, c'era una
famiglia in gravissime difficoltà sia umane che economiche, tra cui
il capofamiglia che era morto di colera poco prima che venisse alla
luce il suo sesto figlio: una bellissima bambina che in quella
famiglia difficilmente sarebbe riuscita a sfamarsi.
“L'idea
era quella di togliere la bimba a quella famiglia disgraziata per
farla crescere come una Moncheda, diventando figlia del conte a tutti
gli effetti... così si fece...”
Rebecca
rimase di ghiaccio, anche se aveva già capito come potevano essere
andate le cose, sentirsele raccontare le gelò il sangue. Una parte
di lei aveva rifiutato quell'idea, ma adesso non c'era più scampo...
le cose stavano in quel modo, non c'era via d'uscita.
“Allora...
è vero?...” riuscì a bisbigliare.
“Sì,
purtroppo le cose stanno proprio così” rispose la religiosa.
La
giovane, nonostante la tempesta emozionale che stava vivendo non
riusciva a proferire parola. La testa le martellava, si sentiva
impazzire. Dopo qualche minuto, con un'immane sforzo, disse: “Perché
non me l'hai detto prima?...”
“Te
l'ho detto già, l'avevo promesso a tuo padre. Quando sei arrivata a
casa il conte mi ha subito ordinato che mai mi sarei dovuta
permettere di dirtelo; se mi fossi permessa mi avrebbe cacciato... ti
prego di perdonarmi...”
Detto
questo, suor Annunziata si alzò per abbracciare Rebecca, ma dapprima
la giovane col braccio l'allontanò per poi sciogliersi in pianto e
abbracciare lei stessa la religiosa. Sciolto l'abbraccio, la giovane
le chiese: “Adesso che faccio?”
“Cara
figlia, quella donna è tua madre...”
Con
queste parole si lasciarono. Uscita dal parlatorio, Rebecca andò
nella cappella e dopo aver recitato un Pater Noster uscì dal
convento con la cognata. Una volta fuori, Rosa, vedendo la cognata
stravolta le chiese: “Ma cos'hai? Sembri sconvolta...”
“E
lo sono davvero...”
“Perché?”
Per
rispondere, Rebecca cominciò a raccontare tutto, da quando da
bambina guardando quei nei si chiedeva cosa potevano rappresentare,
alla rivelazione della suocera con la conferma ricevuta da Nunzia. Il
racconto terminò ai Chiavelli, ai piedi della salita verso Belmonte.
Lì Rosa le chiese: “Che farai adesso?”
“Non
lo so ancora...”
Risalendo
verso il paese, pensando e ripensando, Rebecca ebbe compassione per
quella donna, lei aveva bisognom di una madre e probabilmente quella
donna di una figlia. Decise che sarebbe corsa ad abbracciarla per non
separarsi mai più da lei...
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