Rivolte d'amore; capitolo 5
I garibaldini, forti di altri duemila e cinquecento
volontari sbarcati a Castellammare del golfo, a fine giugno, divisi
in tre colonne partirono alla conquista dell’intera Sicilia.
Stefano venne inquadrato nella colonna guidata dai generali Medici e
Cosenz, loro destinati ad avanzare lungo la costa settentrionale.
L’avanzata fu abbastanza spedita almeno fino a Milazzo, lì, il 20
luglio, soltanto dopo una cruenta battaglia i garibaldini ebbero la
meglio sulle truppe borboniche presenti. La conquista dell’isola
termino il 27 luglio con la capitolazione di Messina.
Stefano, come la maggior parte dei volontari siciliani,
non seguì Garibaldi verso la Calabria ma si avviò a rientrare a
casa.
Per Stefano fu una gioia quel viaggio di ritorno: in
tutti i paesini attraversati i picciotti erano accolti come
degli eroi.
Dopo dieci giorni di cammino, giunti in vista di
Palermo, suo fratello e gli altri belmontesi salirono verso il paese;
lui al contrario lascio la compagnia e in solitaria si avviò verso
la città: lì dove aveva lasciato il suo cuore.
Arrivato davanti al palazzo, cominciò a guardare i
balconi e tutte le finestre: chiuse. Il portone era sbarrato,
sembrava non vi fosse nessuno. Poi, all’improvviso, una tenda si
mosse e un viso si affaccio ad una finestra. Era lei, a Rebecca
quando vide Stefano il cuore gli saltò in gola, non riusciva a
trattenere la gioia; erano passati ormai dieci mesi, aveva cominciato
a temere che non l’avrebbe più rivisto.
Appena il conte Moncheda seppe da sua moglie di questo
Cascio, volle parlare subito con la figlia. Quella stessa sera a
cena, il conte stesso aprì l’argomento: “Cos’è questa cosa
con questo villano?”
“Intanto questo villano, come lo chiami tu, ha un
nome. Per tua informazione: Stefano Cascio!” La ragazza fin da
subito volle dimostrare che aveva intenzioni poco diplomatiche.
“Va bé… con questo Cascio! comunque cos’è questa
storia.
“La storia è che lo amo e me lo prendo!”
“Ma che ami… che prendi!... non sai quel che dici!
Sei pazza…” replicò furioso il conte.
“Ti ho detto che lo amo e me lo sposo!... Con o senza
il tuo volere!...”
“Elisa, ma la senti a questa?” chiese furente alla
moglie, “dimmi cosa devo fare con lei…”
“Le ho già detto che è una follia e che non avresti
mai acconsentito, ma ha la testa più dura di tuo zio Riccardo…”
“Non nominarmi mai quel folle… per nessun motivo!”
replicò il conte, e rivolto a Rebecca: “Senti a me, se vuoi
prendertelo quella è la porta, fai pure. Ma sappi che da me non
avrai nulla!”
“E niente voglio!” urlò Rebecca, uscendo e
sbattendo la porta.
Per tre mesi, la contessina non rivolse la parola a suo
padre, concesse a lui soltanto il salotto. Una notte, però, Rebecca
pensò che sarebbe stato meglio riprendere i rapporti con suo padre:
addolcendolo l’avrebbe convinto.
Da quando non aveva più rivisto il suo Stefano, l’unico
pensiero della giovane era lui: tutto il giorno lo vedeva davanti a
lei, ogni sera si addormentava col suo nome tra le labbra. Per lei,
soltanto il sono era ristoratore perché nel sogno poteva rivederlo.
Scendendo rapidamente la scala, pensava alla
fortuna di non avere in quel momento nessuno in casa.
“Amore mio!...” gridò abbracciando l’amato.
“Vita mia!...”esclamò lui stringendola forte a se.
“Dove sei stato amore mio? Pensavo non mi avresti
trovato più…”
“Ti avrei cercata anche tutta la vita…”
“Entra… entra che non c’è nessuno!” esclamò
lei, solo in quel momento accortasi di essere per strada.
Chiusosi il portone alle loro spalle, il ragazzo
cominciò a baciarla.
“No… amore non è il momento…” disse Rebecca
ansimando.
“Perché?”
“A momenti tornano…”
“Va bene… va bene…” ribattè Stefano, mettendo
da parte il fervore d’amore che ribolliva dentro di lui.
“Amore portami via di qui! Ti prego…” continuò
Rebecca. La sera prima, dopo tanti mesi, aveva riaperto l’argomento
Stefano con suo padre, convinta di riuscire a convincerlo; a
l’ennesimo rifiuto capì che non l’avrebbe mai convinto. Rimaneva
soltanto una via d’uscita: la fuga con l’amato…
“Tuo padre che ha detto?”
“Lasciamo perdere… a quello non importa niente di
me, gli interessa solo il buon nome della
famiglia, come dice lui. Come se contasse
solo questo… Amore portami via da qui… ti prego…”
All’istante, Stefano nella sua mente trovò il modo:
“Facciamo cosi: fra tre giorni, prima dell’alba, recati ai
Biscottari. Mi troverai lì e verrai con me!”
“Grazie amore, ci sarò…”
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